venerdì 14 dicembre 2018

SCOMPARE UN BALUARDO DELLA TRADIZIONE!: Il Conte Neri Capponi


... quia fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te.
Sant’Agostino


Il Direttore di "Controrivoluzione" Pucci Cipriani, il Vicedirettore Ascanio Ruschi e l'editore Marco Solfanelli, i membri del Comitato scientifico e tutti i collaboratori annunziano con dolore la scomparsa, avvenuta in Firenze il giorno 13 dicembre 2018 (santa Lucia) del Conte Neri Capponi, Patrizio fiorentino, Giudice del Tribunale Ecclesiastico, Membro del Comitato scientifico della rivista "Controrivoluzione", difensore della Santa Messa in rito romano antico, la Messa di sempre e di tutti, combattente della "buona battaglia" per il trionfo della Tradizione cattolica, esempio a tutti di rettitudine, coraggio e coerenza. Si invitano gli amici alla preghiera in suffragio della sua anima mentre comunicheremo la data e il luogo della celebrazione della Santa Messa tradizionale che "ad memoriam" faranno celebrare gli amici di "Controrivoluzione" nel trigesimo della sua scomparsa.

La Contessa Flavia mi aveva avvertito telefonicamente che il Conte Neri Capponi era peggiorato. "Oggi venerdì 14 alle ore 17 visita a Neri" leggo nella mia agenda, ma questa visita non è avvenuta e non avverrà. Abbiamo appreso della sua scomparsa ieri pomeriggio, 13 dicembre, mentre eravamo riuniti nella Sala delle Feste di Palazzo Bastogi, della Regione Toscana, per la presentazione del libro di Roberto de Mattei "Trilogia Romana" (Edizioni Solfanelli). Subito mi è tornato alla mente quando, nella stessa sala, abbiamo presentato, insieme a lui, un libro di Luciano Garibaldi sull'eroico Commissario Luigi Calabresi assassinato dai comunisti durante gli "Anni di piombo" esaltati da "Lotta Continua".
Per me Neri Capponi che, quindicenne, conobbi nel 1960, è stato un Maestro, un amico, un esempio — ahimè, non sempre seguito! — un personaggio che, a Firenze, in Italia, nel mondo (è stato Presidente Internazionale dell'Associazione "Una Voce" per la difesa dell'antica liturgia e della Messa di San Pio V) ha rappresentato la Tradizione cattolica come nessun altro poteva rappresentare. Lo ricordo in mille battaglie in difesa di quel trinomio che Elias de Tejada e il Carlismo indicano in "Per il Dio, la Patria, il Re" e lui combatté per Iddio, in difesa della Dottrina e della Fede contro il Modernismo infiltratosi nella Chiesa (e che san Pio X definì "La somma di tutti i mali"), in difesa della Patria, contro l'immonda ideologia Comunista e il sinistrume e, infine per il Re, infatti difese, da buon cattolico tradizionalista, la Corona, la Monarchia tradizionale ovvero il Granducato di Toscana e, infatti, del Granduca Sigismondo — un modello di Sovrano cattolico — fu Consigliere e amico. E grazie al Conte Capponi, Sigismondo di Asburgo Lorena ci onorò, con la sua presenza, nel 2000, alla Quinta Edizione del Premio Tito Casini a Borgo San Lorenzo (FI) (lo vedete nella foto pubblicata in coda insieme al prof. Massimo de Leonardis e al padre oratoriano che celebra la Messa di sempre a Londra).
Io lo ricordo ancora, con la sua bicicletta, mentre si recava all'Università, in quei tristi e tremendi anni della contestazione sessantottarda, in mezzo alla canaglia urlante, ma amato dai suoi studenti... e lo ricordo anche nelle manifestazioni in difesa della polizia e dei Carabinieri, quando la canea urlante gridava alla polizia "PS = SS" e ai Carabinieri del Battaglione mobile: "Camerata basco nero, il tuo posto è al cimitero".
Lo rivedo ancora con Mons. Luigi Stefani a ricordare le foibe, quando era perfino proibito nominarle per non infrangere il "matrimonio" tra democristiani e comunisti, lo rivedo a difendere — e con orgoglio posso ben dire "io c'ero!" — a difendere il Cardinal Florit dai contestatori cattocomunisti (poco catto e molto comunisti) dell'Isolotto e del prete apostata don Mazzi e dai preti rossi che avevano in don Milani il loro tristo modello.
E lo rivedo anche contestare non l'uomo ma le idee del professor Giorgio La Pira...
Con il Conte Capponni, a Firenze, demmo la parola agli esclusi, ai dissidenti dell'URSS (allora c'era il Regime comunista difeso e portato ad esempio dagli attuali PD e al sinistrume democristiano) a Siniasvki e Daniel, a Juri Pelisek, Juri Malcev (il non dimenticato autore de "L'altra letteratura: da Pasternak a Solzenicyn" a cui fu consentito di espatriare dopo dieci anni di "manicomio coatto") , Cicerno Cirnegara e tanti altri...
Nel 1970 a Firenze invitammo Mons. Marcel Lefebvre che, con Dino Pieraccioni, Padre Centi, Giacomo Devoto e il sottoscritto, tenne una conferenza — presieduta dal Conte Neri Capponi — al Circolo Borghese e della Stampa... e, con il Conte Capponi, invitammo ancora Mons. Lefebvre che tenne l'ormai famosa conferenza "La Messa di Lutero" di cui "Una Voce"-Firenze pubblicò il testo in un opuscolo insieme a quello dell'Omelia tenuta durante il Pontificale solenne tenuto da Monsignore nella Arcibasilica di San Lorenzo.
E poi un Conte Capponi, sempre generoso, in prima fila contro il divorzio e in difesa dei "principi non negoziabili".
È stato collaboratore di "Controrivoluzione" — la rivista che ho fondato e che dirigo da trent'anni — fin dai primi numeri (ripubblicheremo i suoi articoli) e dal 2015 fa parte del Comitato scientifico della stessa rivista insieme ai Docenti Universitari: Francesco Dal Pozzo d'Annone, Massimo de Leonardis, Roberto de Mattei, Patrizia Fermani, Alessandro Giorgetti, Andrea Sandri, Piero Vassallo.
Periodicamente lo andavo a trovare ed era "inchiodato" su una poltrona, sofferente, ma sempre sereno e lucidissimo e parlavamo, talvolta anche per alcune ore: ricordava tutto... l'ultima volta, prima del suo annuale trasloco alla residenza estiva di Calcinaia, gli dissi che sarei andato a trovarlo nella sua campagna (promessa, ahimè, non mantenuta) e che comunque ci saremmo rivisti al suo ritorno. Mi rispose con un filo di voce: "Grandi peccati non credo d'averne. Attendo serenamente l'ora del giudizio... speriamo che il trapasso venga presto, in maniera veloce con poco dolore..." e nei suoi occhi brillava già "l'immortal raggio dell'alma"...
Ti ricorderò nelle mie preghiere con affetto filiale ma tu, dall'alto, prega per noi affinché Iddio ci dia la tua forza e il tuo coraggio! Ad Deum!

Pucci Cipriani









sabato 17 novembre 2018

Presentazione: TRILOGIA ROMANA di Roberto de Mattei (Firenze 13/12/2018)

Giovedì 13 dicembre 2018, alle ore 17:00, presso la Regione Toscana - Sala "I Gigli" Via Cavour n. 4 di FIRENZE - per iniziativa del Consigliere Regionale Jacopo Alberti (Lega) e della Comunione Tradizionale — verrà presentato il libro di Roberto de Mattei: "Trilogia Romana" (Edizioni Solfanelli).

Interverranno dopo i saluti di Jacopo Alberti, Consigliere Regionale e Portavoce dell'Opposizione  e di Pucci Cipriani, Direttore di "Controrivoluzione":

CRISTINA SICCARDI, Scrittrice
ROBERTO DE MATTEI, Autore del libro



Roberto de Mattei
TRILOGIA ROMANA
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-3305-079-9]
Pagg. 160 - € 12,00

http://www.edizionisolfanelli.it/trilogiaromana.htm


[Cristina Siccardi] La storia può essere spiegata, ma può anche essere narrata. Negli ultimi decenni a raccontarla è stata più la filmografia (cinematografica o televisiva) che la letteratura, talvolta con buoni risultati, talaltra discreti, talora pessimi. Di sicuro nell’editoria troviamo molto ciarpame, sia nei contenuti, sia nello stile letterario e non solo per ciò che riguarda i romanzi o i racconti storici. Scrivere bene è un’arte, richiede preparazione, essere ruminatori di libri, rielaborare concetti e parole con un fraseggiare che catturi, rispetti, educhi il lettore, e quando si fa memoria di chi o di cosa non è più, allora occorre essere seri, esigenti nel rigore e intellettualmente onesti.
È così che, fra una scuola che non dedica più spazio sufficiente per una buona preparazione storica, fra un’istruzione agli studenti maggiormente proiettata alla formazione scientifica, informatica e tecnologica, fra la disattenzione generale ai fatti del passato a motivo della rivoluzione culturale del ’68 che ha sprezzato la Storia in quanto tale per proiettarsi in un futuro libero appunto dal passato, la narrazione storica non solo non è più considerata editorialmente appetibile, ma mancano proprio gli scrittori competenti in grado di proporla in maniera sincera e genuina, poiché l’ideologia discriminatoria e tendenziosa, erede delle teorie comuniste o radicali, è sempre in agguato.
Tuttavia, nello squallido panorama narrativo in genere e narrativo-storico in particolare, arriva, fresco di stampa, un gustoso libro. Il titolo è Trilogia romana, scritto da uno storico, Roberto de Mattei e pubblicato da Solfanelli. Sono tre racconti ambientati nella Roma dell’Ottocento e del primo Novecento. È la prima volta che de Mattei si cimenta in questo genere letterario. La tipologia non è comunque quella del romanzo storico, bensì della ricostruzione di personaggi ed eventi rigorosamente documentabile, il che rende il lavoro alquanto accattivante e, allo stesso tempo, istruttivo.
Ma come è nata l’idea di trattare la storia attraverso l’espressione letteraria? Così risponde l’autore:
«La mia opera di storico e di cattolico militante è sempre stata dedicata alla ricerca della verità. Non ho mai amato molto i romanzi, anche perché, da storico, so che la realtà è spesso più romanzesca e interessante di quanto la fantasia umana possa immaginare. Mi sono reso conto però che oggi, per trasmettere delle verità, storiche, religiose o morali, dobbiamo trovare nuove forme espressive, non solo ricorrendo agli strumenti dell’innovazione tecnologica, come Internet, ma anche riproponendo, generi letterari tradizionali, quali il teatro, la poesia, il romanzo. Con Trilogia Romana mi sono proposto di avvicinare una cerchia più ampia di lettori, attraverso una ricostruzione storica di fatti e di eventi presentata in maniera narrativa. La forma del dialogo mi è sembrata la più efficace, come Joseph de Maistre aveva già fatto con le sue Serate di San Pietroburgo».
Dunque per de Mattei la forma letteraria, nelle sue manifestazioni drammaturgiche, liriche e narrative, è uno strumento che deve essere recuperato perché, nello squallido panorama odierno e nel deserto lasciato dalla Chiesa postconciliare, le persone vanno avvicinate alla verità e alla fede non solo in modo accademico (non sarebbe sufficiente), ma anche in maniera divulgativa e affabile per arrivare a molti, anche perché: «Trilogia Romana è un’opera che può essere letta a diversi livelli, e può interessare dunque tipi diversi di lettori. Alcuni saranno attratti dal quadro di vita romana tra Ottocento e Novecento; altri dalla singolarità delle figure e degli eventi che sono presentati; altri ancora dal ruolo delle società segrete della storia che viene messo in evidenza, con particolari anche inediti; ma ciò che io voglio trasmettere e che mi auguro sia recepito dai lettori, anche in maniera indiretta, è innanzitutto una teologia della storia. La narrativa moderna sembra essere risucchiata dal vortice del nulla. Nelle mie pagine cerco di elevare il lettore a una visione alta delle vicende storiche che oggi è abbandonata perfino dagli uomini di Chiesa. Solo la teologia della storia può farci comprendere la natura profonda del dramma religioso, politico e sociale che stiamo vivendo».
Ecco il segreto di questo libro che non è solo un rimembrare con coerenza e fluidità linguistica accadimenti del passato, ma c’è qualcosa di più profondo, di più incisivo: qui viene ridato il giusto posto d’onore alla lettura provvidenziale della storia. E le pagine si fanno pedagogia. Allora tornano in mente le illuminanti parole di dom Prosper Gueranger nel suo testo Il senso cristiano della storia (Edizioni Amicizia Cristiana), quando dice che a rendere la visione dello storico cristiano solida e serena è la certezza che gli dà la Chiesa in quanto Sposa di Cristo, la quale gli rischiara il cammino come un «faro e illumina di divino i suoi giudizi. Egli sa quanto stretto sia il legame che unisce la Chiesa all’Uomo-Dio, quanto la Chiesa sia salvaguardata dalla promessa divina dalla possibilità di commettere qualsiasi errore nell’insegnamento e nella guida generale della società cristiana, e quanto profondamente lo Spirito Santo l’animi e la conduca; è dunque in essa che lo Storico cercherà il criterio dei propri giudizi».
Lo storico cristiano non si spaventa, non si dispera, non si angoscia, non si adira come potrebbe esserlo, invece, per esempio, uno storico ideologico, legato alla sola politica, in cui la sua fazione cede agli accidenti della storia.
Spiega ancora dom Gueranger: «Le debolezze degli uomini di Chiesa, gli abusi temporanei, non lo stupiscono perché sa che il Padre della famiglia umana ha deciso di tollerare la zizzania nel suo campo fino alla mietitura. Se deve raccontare, sarà attento a non tralasciare tristi episodi che testimoniano le passioni dell’umanità e attestano allo stesso tempo la forza del braccio di Dio che ne sostiene l’opera; ma sa dove riconoscere la direzione, lo spirito della Chiesa, il suo istinto divino. Li riceve, li accetta, li confessa coraggiosamente; li applica nei suoi scritti. Parimenti non tradisce e non sacrifica». Chiama buono ciò che la Chiesa di Cristo giudica buono e chiama cattivo ciò che la Chiesta di Cristo chiama cattivo. Lo storico cristiano, pertanto, è tenuto a raccontare fatti e persone alla luce della trascendenza che, in definitiva, significa essere storiografi dall’orizzonte eterno, liberi dalle catene del contingente.
Le vicende presentate in Trilogia romana sono o poco note oppure inedite; interessante è che i soggetti ivi inseriti, anche quelli apparentemente in secondo piano, vengono ad assumere connotazioni di rilievo. Ma quali di tutte queste personalità de Mattei stima maggiormente e perché; quali considera più pericolose e perché; quali, infine, gli sono particolarmente simpatiche per il loro modo di relazionarsi?
«Tutti i miei personaggi, alcuni noti, altri meno noti, sono realmente esistiti. Le parole che ad essi attribuisco sono state realmente pronunciate o corrispondono al loro pensiero. La figura a cui ho dato maggior spazio e che mi è più cara è quella della principessa Maria Cristina Giustiniani Bandini che ho conosciuto non personalmente, ma solo attraverso memorie familiari, la lettura dei suoi scritti, e soprattutto grazie al devoto ricordo che di lei aveva un caro amico scomparso, Pierre Engel.
Sul fronte opposto, una figura particolarmente inquietante e pericolosa mi sembra quella di un altro principe romano, l’islamista ed esoterista Leone Caetani. Il ruolo dell’aristocrazia nella storia, nel bene o nel male, è più importante di quanto noi possiamo immaginare, al di là delle presentazioni deformate che di questa classe sociale ci vengono fatte dai mass media. Anche sotto questo aspetto, Trilogia Romana, può essere considerata una “Apologia della Tradizione”».
Il primo racconto rievoca il Cardinale Giuseppe Mezzofanti e lo storico Jacques Crétineau-Joly; il secondo è un mosaico di figure fra cui spiccano Monsignor Umberto Benigni e Don Ernesto Buonaiuti, nonché il Principe Leone Caetani e la Principessa Maria Cristina Giustiniani Bandini, protagonista principale del terzo e ultimo racconto, il quale, con freschezza e pennellate di particolari, descrive il passaggio di Roma da capitale della Cristianità a capitale dei liberali, dei massoni, dei politici, dei democristiani, aperti al socialismo e al comunismo, dai quali si dipartì la riforma agraria di De Gasperi, che toccò con prepotenza la proprietà privata degli italiani; un atto che Pio XII, nel 1951, giudicò negativamente, affermando la legittimità dei grandi latifondi. Con l’abolizione della mezzadria e con lo sradicamento dei contadini dai loro territori, persone e famiglie si sono spostate nelle periferie urbane edificate dai “palazzinari”. Contemporaneamente la cultura è stata carpita da socialisti, comunisti e liberali, che hanno occupato le cattedre delle scuole e delle Università.
Non si può inoltre tralasciare Maria Montessori, dalla quale emerge il veleno ideologico e culturale di una classe intellettuale e dirigente che ha guidato la secolarizzazione dell’Italia e al suo abbruttimento morale. L’educatrice dell’infanzia, che a 28 anni aveva abbandonato suo figlio (avuto da una relazione con lo psichiatra Giuseppe Montesano), non parlava di matrimonio, ma della necessità di un’evoluzione della concezione della maternità, grazie alla «scelta cosciente e libera» del proprio partner «come contributo alla rigenerazione della razza. Insomma si va dal libero amore alla trasformazione dell’educazione in un allevamento di razze umane». Femminista e seguace della teosofia di Hélène Blavatskij, la Montessori è tuttora considerata un punto di riferimento della pedagogia moderna, svincolata dai “tabù” del passato e dai “pregiudizi”, proiettata a rendere l’individuo autonomo e indipendente. Personaggi come lei hanno in realtà formato generazioni di persone sole, insicure, allo sbando, in balia del potere assoluto dello Stato, compreso quello “democratico”.

venerdì 16 novembre 2018

Presentazione: IL “CAMBIO DI PARADIGMA” DI PAPA FRANCESCO (Firenze, 28/11/2018)

Mercoledì 28 novembre 2018, alle ore 17;00, presso la Regione Toscana - Sala "I Gigli"  in Via Cavour, 4 di FIRENZE — per iniziativa del Consigliere Regionale Jacopo Alberti (Lega) e della Comunione Tradizionale — presentazione del libro di JOSE' ANTONIO URETA: "IL CAMBIO DI PARADIGMA DI PAPA FRANCESCO: CONTINUITA' O ROTTURA NELLA MISSIONE DELLA CHIESA? BILANCIO QUINQUENNALE DEL SUO PONTIFICATO" (Ed. Istituto Plinio Correa de Oliveira)



SALUTI
Jacopo Alberti, Consigliere Regionale - Portavoce dell'Opposizione
Pucci Cipriani, Direttore di "Controrivoluzione"

INTERVENGONO
José Antonio Ureta, Autore del volume
Roberto de Mattei, Docente Universitario, Presidente della "Fondazione Lepanto"

PRESIEDE
Ascanio Ruschi - Giurista




José Antonio Ureta
IL “CAMBIO DI PARADIGMA” DI PAPA FRANCESCO
Continuità o rottura nella missione della Chiesa?
Istituto Plinio Correa De Oliveira, San Paolo, Brasile, 2018
p. 213 - Euro 8,32

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[Luca Ferruzzi] Fisolofia, Religione, Fede, Magistero, Uomo, Dio, Chiesa, Spirito Santo: tutto, compreso il significato stesso dei termini utilizzati ed il loro contesto, viene messo in discussione in una battaglia epocale, senza esclusione di colpi, tra “tradizionalisti” da un lato e “modernisti” dall’altro, in una tenzone all’ultimo sangue il cui premio finale sarà inevitabilmente il controllo, il potere, da esercitarsi nei confronti del Cattolicesimo come da sempre, al di la delle argomentazioni portate dagli uni e dagli altri, è destino che avvenga per ogni consorzio umano dacché Caino pensò bene di spaccare il capo allo sfortunato fratello.
Magnificamente argomentato da José Antonio Ureta, discepolo del leggendario Plinio Correa de Oliveira, direttore storico del settimanale “Legionario”, uomo politico, ultra-conservatore, avversario mortale della teologia della liberazione, il volume si propone di tracciare un bilancio dei primi 5 anni di pontificato di Papa Francesco, alla luce delle esternazioni e degli atti magistrali prodotti dal Papa, Evangeli Gaudium e Amoris Laetitia in primis.
Tale bilancio, per Ureta, lascia senza parole: il “nuovo paradigma” sembra operativizzare, una volta per tutte, i cambiamenti epocali prefigurati dal Concilio Vaticano II: la Chiesa si sottomette alla democrazia, al numero, alle opinioni correnti … anzi: al materialismo e al comunismo. L’Uomo si libera (da che?), diviene mentore e guida di se stesso, s’innalza verso le stelle, novello astronauta la cui rotta egli deciderà sul momento (essendo anch’essa soggettiva) quando più gli aggraderà.
E allora: perché non introdurre un poco di grigio tra bianco e nero? O ancora: “chi sono io per giudicare” tra il giusto e lo sbagliato? Per Ureta, la guida della Chiesa di oggi rischia di perdere il bandolo della matassa, con il superamento dei “valori non negoziabili”, le prese di posizione neo-marxiste e comuniste, il “colloquio” con istanze abortiste, pro-eutanasia, pro LGBT e unioni omosessuali, il concetto “dinamico” di “verità”, e di “parola di Dio”, la nuova morale di tipo soggettivo senza imperativi assoluti (messa in discussione dei precetti morali), l’ecologia, l’avvicinamento a e la condivisione con tutto ciò che anche vagamente possa essere definito “progressista”, il dialogo inter-religioso.
Ma tutto questo, ci dice Ureta, viene approcciato per “spot” successivi, una tantum, senza prima voler garantire la certezza del disegno finale, che altrimenti il collegio cardinalizio e i vescovi lo saprebbero e certo non vi si opporrebbero, alfine certi che lo Spirito Santo abbia illuminato una intera nuova visione universale del cosmo e del ruolo dell’uomo nello stesso (del creato, si sarebbe detto una volta … ma in questo caso, Dio sarà d’accordo?).
E mentre 900.000 fedeli, smarriti, chiedono chiarimenti, inopportuni Dubia e Correctio Filialis de haeresibus propagatis invano aspettano risposta che non verrà. Essa non può infatti logicamente giungere: tutto ciò appartiene al “Vecchio Paradigma”, quello dei codici e del latino; non vi può essere alcuna risposta da chi già nel “Nuovo Paradigma” sta proiettando l’Uomo e il mondo. La “non risposta” è una condanna senza appello, un superamento d’ogni tradizione, consuetudine, canone: il segno del cambiamento senza ritorno.
Leggere il “Cambio di Paradigma” lascia sgomenti, senza alcuna certezza: non consigliabile ad un pubblico non maturo. L’uomo per sua natura, guarda al passato: forse tutto ciò è sbagliato, non sapremmo, oppure forse lo Spirito Santo illumina alcuni si e altri un po’ meno (con le due fazioni in lotta per accaparrarselo), forse davvero il Cristo è venuto a mettere figlioli contro genitori, e noi non l’abbiamo capito.
Non manca poi molto però, secondo le Centurie di Nostradamus, per scoprire chi aveva ragione.


sabato 27 ottobre 2018

Basilica S. Miniato al Monte di Firenze (di Filippo Bianchi)

Si segnala che la Basilica di San Miniato al Monte, capolavoro dell'architettura romanica fiorentina, ha recentemente cessato di essere solo un luogo di culto per divenire un luogo mondano.
Questa basilica ha sempre manifestato interesse, non solo per essere un meraviglioso luogo sacro in cui poter pregare e partecipare alle funzioni religiose, ma anche per la sua bellezza e il suo fascino storico e architettonico, tuttavia è ultimamente in voga per motivazioni diverse da quella che è la sua propria natura ma per istallazioni di arte contemporanea inconciliabili, inaccostabili allo stile classico e deturpanti (in allegato alcune foto).
Sull'esterno della basilica, spesso utilizzato per sfilate di moda, sono stati installati degli arbusti di differenti tipologie, che rappresentano il giardino del mondo e offuscano la facciata creando un effetto "orto botanico" in perfetta sintonia con la nuova moda del Naturalismo e dell'Ambientalismo, anticipo della nuova religione gnostica globale.
Troviamo anche una scultura costituita da un libro scolpito nel marmo installata su un piedistallo metallico arrugginito, che evidentemente non rappresenta il testo sacro poiché riporta una citazione del poeta Mario Luzi "non chiuderti però" della poesia "Bellezza", come a voler strumentalizzare nel contesto attuale sia il sacro che il profano, il bello e il brutto, l'antico e il nuovo per comunicare che bisogna cambiare, aprirsi e "costruire ponti".
Entrando nella basilica si notano tre installazioni, una conca metallica al centro della chiesa che funge da riflettore di luce, una nuova acquasantiera con quattro piedistalli irregolari inadeguata per la forma e la fattura e inopportuna poiché sono già presenti le acquasantiere originali e infine uno scaleo che diagonalmente svetta dietro la meravigliosa Cappella del Crocefisso come a voler artifiziosamente distrarre le anime dal Cristo, purtroppo non si trattava di lavori in corso come credevo entrando in Chiesa ma di un esperimento di trasformazione di un luogo di culto in una specie di museo d'arte contemporanea.
Il giovane frate benedettino P. Bernardo Francesco Gianni opera in perfetta sintonia con l'élite radical chic cattocomunista fiorentina stuprando anche i luoghi sacri se serve ad attirare folla e compiacere il mondo, lo si vede anche contornato da Lotti, Nardella e compagnia come lui stesso ostenta sui social. 
Inoltre in questa basilica ha anche avuto l'onore di poter celebrare le nozze "il compagno di merende" di Renzi, Carrai, sebbene non sarebbe possibile celebrare matrimoni presso la Basilica di San Miniato poiché i matrimoni disturberebbero la quiete dei monaci (così viene detto dai monaci a chiede di sposarsi lì). Purtroppo più che un monastero quieto è divenuto un luogo ludico teatrale come si può facilmente evincere dalle immagini, in cui solo quelli della cricca possono accedere al sacramento del matrimonio.
Spero che possiate mettere un riflettore su questa vicenda affinché sia ripristinata la sobrietà e l'autentica bellezza di questo luogo tanto caro ai fiorentini e al mondo.










venerdì 26 ottobre 2018

Nuove tendenze clerical chic (di Filippo Bianchi)

L'antichissimo saio ruvido di san Francesco indossato dai Frati Francescani dell'Immacolata, simbolo di penitenza e castità, è stato considerato démodé.
I benedettini olivetani della Basilica di San Miniato al Monte di Firenze, per non correre rischi di commissariamento, si sono subito adeguati alla nuova tendenza bergogliana "LGBT Clerical Chic" come si può notare dalla "mitra" orgogliosamente sfoggiata dall'abate.
Non ditelo a Ravasi, se lo vede magari la prossima volta potrebbe portarlo con sé alla sfilata di moda al Metropolitan Museum assieme alle zoccole scosciate vestite da papesse..



Se trasformiamo il nostro pianto in riso possiamo smascherare ed esorcizzare questa dissacrante fiera del ridicolo!

lunedì 22 ottobre 2018

Editoriale del n. 128 di Controrivoluzione: OMAGGIO A GIOVANNINO GUARESCHI

Editoriale
OMAGGIO A GIOVANNINO GUARESCHI
Uomo della Tradizione, a cinquant’anni dalla sua scomparsa
di Pucci Cipriani


Giovannino Guareschi morì, improvvisamente, il 22 agosto del 1968, nella sua piccola residenza estiva di Cervia. Era nato sessant’anni prima a Fontanelle di Roccabianca (PR) e, con Guareschi, muore uno dei più grandi scrittori italiani, profondamente cattolico e anticomunista, di cui era noto il suo attaccamento alla Monarchia e alla Tradizione. “Un uomo fuori del tempo, imprigionato nel XX Secolo” lo definì benevolmente qualcuno, un combattente che riuscì durante la sua vita a mettersi contro l’arroganza del Potere (e il Potere è cattivo e vendicativo): fu incarcerato dai fascisti (ma liberato, immediatamente, da Mussolini) ai tempi del giornale satirico “il Bertoldo” e, poi, con il regime repubblicano, perseguitato dai comunisti e dal “democristianesimo”, l’ideologia “cristiana” liberalmodernista che, come ha riconosciuto onestamente l’on. De Mita, ha trasformato milioni di elettori cattolici in “elettori democratici”, quindi dei poveri “fuchi” rotti al compromesso e pronti a rinnegare ogni principio... come puntualmente hanno fatto i “demo(niaci)cristiani”.
Scrive Marcello Veneziani: «Per comporre la biografia di Guareschi bisogna riconoscere i suoi tre paradossi: dopo due anni nei campi di concentramento nazisti, passò per un fascista; dopo aver vinto la battaglia nel ’48, appoggiando la DC di De Gasperi, finì in galera con la querela del medesimo De Gasperi; dopo aver umanizzato i comunisti, fondò il settimanale più efficace nella lotta al Comunismo e là scrisse il primo libro nero del Comunismo.»
Tornato dalla guerra, dopo due anni di campo di concentramento nazista, coerentemente, nel 1946, Guareschi votò nel referendum istituzionale per la Monarchia, denunziando, poi, quelli che lui chiamerà “i brogli delle calcolatrici dell’Onorevole Romita”, quindi, nel 1948 contribuirà, votando per la “falsa diga” democristiana, a sconfiggere il FDP (Fronte Democratico Popolare), ovvero PCI + PSI, che lui ribattezzò Fronte Democratico Pecorale. Sono rimasti famosi alcuni manifesti da lui stesso creati: “Compagni, nel segreto dell’urna, Dio vi vede Stalin no” e un altro che ricordava i 100.000 soldati morti o dispersi in Russia (allora Unione Sovietica). Lo scheletro di un soldato dell’ARMIR appoggiato a un reticolato di filo spinato che protende il braccio additando Garibaldi, simbolo del Fronte popolare, e la scritta: “Mamma votagli contro anche per me”.
Il Fronte Popolare fu battuto ma la DC di De Gasperi (“un partito di centro che guarda a sinistra”) non andava bene al nostro Giovannino che già nel 1946 aveva scritto sul glorioso “Candido”: «Qualcuno si ostinerà a voler trovare che “Candido” ha vaghe tendenze destrorse, il che non è vero per niente in quanto “Candido” è di destra nel modo più deciso e inequivocabile.»
E su “Candido” si rivelerà il genio guareschiano per cui non possiamo dimenticare le sue vignette: “Contrordine compagni” in cui i compagni da lui disegnati con tre narici (trinariciuto, in quanto la terza narice serviva a svuotare della materia grigia il cervello), si attenevano, alla lettera, agli ordini del loro quotidiano “l’Unità” e, quando c’era un errore di stampa, arrivava, di corsa, il “messo” che annunziava: “Contrordine compagni!” infatti la frase “Bisogna rieducare i compagni insetti” (e, nella vignetta, si vedevano i “Trinariciuti” intenti ad ammaestrare grilli, cavallette e scarafaggi) contiene un errore e quindi va letta: “bisogna rieducare i compagni inetti”.
Nel 1951 esce in Italia il film Don Camillo, di cui Guareschi scriverà il soggetto e la sceneggiatura — scriverà anche quelle delle altre quattro pellicole, ma a causa dei tagli “buonisti”, delle censure e delle mutilazioni volute dal Produttore, ritirerà, sdegnosamente, la firma — che racconta le avventure di un parroco della “Bassa” (don Camillo) e del sindaco comunista (Peppone)... è la vita politica e religiosa che si svolge, all’ombra del campanile e della torre civica; personaggi che Guareschi “deideologicizza” cogliendoli nella loro umanità, personaggi vivi e palpitanti che ci ricordano la vita dei nostri paesi, delle nostre contrade, delle nostre campagne, quando ancora ci si toglieva il cappello per salutare, si rispettava il “sacro”, si dava del “lei” e non del “tu” e i “comunisti” erano “sovversivi” fuori ma, conservatori, al pari degli altri, in famiglia... ancora esisteva la famiglia.
Il libro e il film di don Camillo ebbero e hanno tuttavia un meritatissimo, grandioso successo e che pareva imprevedibile allora. Don Camillo fu tradotto in tutte le lingue... persino il Pontefice, Giovanni XXIII, proporrà all’autore di comporre il Catechismo della Chiesa Cattolica con i propri racconti e le proprie vignette; ma lo scrittore della Bassa non accettò, non si ritenne all’altezza di trattare temi così alti... e anche l’umiltà fu una delle caratteristiche del Nostro.
Questo suo successo di pubblico (milioni le copie vendute dei vari volumi delle avventure “camilliane”) rese ancor più indigesto l’autore, non solo ai “pesci rossi dell’acquasantiera”, ma perfino a coloro che, invece, avrebbero dovuto apprezzarlo, ma furono (e sono) presi dalla gelosia; e allora cominciarono a dire che Guareschi “banalizzava la realtà” e, detti “cazzerellini tutto pepe e sale”, decretarono che non potevano seguire un uomo che riduceva il linguaggio a “poche e colorite frasi” e il cui impegno si riduceva al motto: “Dio - Patria - Famiglia”... mentre i loro cervellini pensavano (verbo troppo impegnativo il pensare!) alle nebbie del Nord e alle corna di Odino, a Maometto e al paradiso musulmano dove “gli untorelli della falsa destra”, avrebbero fatto quello che non avevano e non hanno fatto in vita: scopare vergini e urì in mezzi al verdeggiante paesaggio, dove scorrevano fiumi di biondo miele e di ambrosia.
Nei libri di Giovannino Guareschi vi ritroviamo la vita del “dopoguerra”. Vengono raccontati quegli episodi della “guerra civile” che insanguinò l’Italia, e Giovannino Guareschi pur narrando, senza veli, quei truci e sanguinosi episodi, ha parole di pietà per i vivi e per i morti: «Fratelli, si parla di dialogo tra chi sta sulle opposte sponde. Queste anime che noi ricordiamo stanno sulla sponda della morte e parlano a noi che stiamo sulla sponda della vita. Ascoltiamo ciò che ci domandano e il nostro cuore troverà la giusta risposta. Amen.»
E, profeticamente — lui che morì all’alba della Rivoluzione Sessantottarda — capirà la grande portata della medesima e metterà in guardia i giovani dai “cattivi maestri”: «Protesto perché nessuno dice a questi giovani: diffidate di chi vi sorride e vi dà importanza eccezionale. Vuole rifilarvi un giornale, un libro, un disco, una rivista pornografica, un intruglio gassato, una chitarra, un allucinogeno, una pillola, una scheda elettorale, un cartello, un manganello, un mitra. Protesto perché sono stato giovane e buggerato come saranno irrimediabilmente buggerati i giovani d’oggi...»
Tra don Camillo e Peppone, e gli altri eccezionali personaggi che fan loro da corona, anche dopo ardue baruffe si trova sempre la “quadra”... è il cuore a prevalere sull’ira, sull’odio, sull’orgoglio e, lo abbiam detto, sull’ideologia... ma un’altra, ben più grave rivoluzione si era già abbattuta sulla Chiesa, quella del Concilio Vaticano II, come ebbe a dire il “rosso” cardinale Suenens: «Il Concilio Vaticano II è stata la nostra rivoluzione, il Sessantotto della Chiesa.»
Ma qui non c’è Peppone, lo Smilzo, il Brusco, la Gisella a competere con il povero prete di campagna, qui c’è don Francesco — ahimè, ahimè questo Francesco — detto “Chichì” che è «un pretino progressista e sculettante — scrive Alessandro Pronzato — della nouvelle vague in giacchetta e cravatta (...) lustrato a dovere; munito di spiderino rosso, allevato artificialmente ingozzando formule e slogan, portatore di istanze sociali, fautore di una teologia che si è sbarazzata di tutto il vecchiume (...) tarantolato dalla smania delle riforme (...) assume con evidente compiacimento posizioni di avanguardia, propugna idee “aperte”... Parola d’ordine: “Demistificare”... buttare in soffitta il ciarpame devozionale, lottare contro la superstizione, mettersi al passo con i tempi, dialogare con i lontani... Fa di tutto per apparire anticonformista, controcorrente (...) Di fatto, tuttavia, il vero anticonformista è don Camillo. Le mode non lo toccano. I suoi modi ruvidi risultano come al solito efficaci.»
Sì, insomma un Francesco (don Chichì) supponente e carico d’orgoglio, così carico di risentimento e di odio per il passato della Chiesa, un odio che lo acceca e gli fa vedere ovunque “reazionari” in agguato, anche nell’umile vecchietta che accende il suo lumino in chiesa.
Guareschi ne ha passate tante ma non è mai stato con le mani in mano: nel 1954 inizia il processo "De Gasperi - Guareschi", infatti quest’ultimo aveva pubblicato sul settimanale della Rizzoli da lui diretto, due lettere attribuite a De Gasperi in cui l’arcigno politico di Trento avrebbe chiesto al Comando inglese di bombardare Roma per “per infrangere l’ultima resistenza morale del popolo romano”. Naturalmente il Direttore di “Candido” non fece la cosa a cuor leggero: aveva fatto fare alle due lettere un’accurata perizia a un illustre personaggio, il dottor Umberto Focaccia, perito dello stesso tribunale di Milano il quale: «... dopo un lungo, attento e scrupoloso esame di confronto con molti altri iscritti sicuramente di De Gasperi...» non poté che dichiarare: «In piena coscienza di riconoscere per autentiche del De Gasperi la scrittura del testo e la firma di cui sopra.»
Il Processo per “direttissima”, meglio sarebbe parlare di “esecuzione”, doveva essere veloce e la Corte negò la perizia calligrafica e chimica delle due lettere, in quanto si opposero gli avvocati del politico trentino come si opposero, ritenendole inutili, a tutte le altre deposizioni potenzialmente favorevoli al Direttore del “Candido”. Guareschi fu condannato a 22 mesi di reclusione. Dopo il primo processo un altro ne fu fatto, da altro Collegio, che avrebbe dovuto pronunziarsi sul “falso”... ma il Collegio decise che non c’era nulla da decidere se non la distruzione del “corpo del reato”... giustizia allegra!
Giovannino Guareschi non chiese sconti, non chiese la “grazia”: era stato due anni nel lager nazista; starà due anni in quelli “democratici repubblicani”, ma è amareggiato e avvilito, commenta con il suo Dante: «... e il modo ancor m’offende... No, niente Appello. Qui non si tratta di rifondare una sentenza, ma un costume... Accetto la condanna come accetterei un pugno in faccia», e porta con sé, nella sua cella, anche lo “spirito” di don Camillo e di Peppone, e continuerà, chiuso in gattabuia, a far scriver ai due le loro storie, tanto, esclama: «Nella mia cella è sempre primavera: il guaio è che è primavera anche fuori...»
«Ci sono stato io in galera, ci può stare Guareschi», commenta “misericordiosamente” Alcide De Gasperi.
In carcere nulla gli fu risparmiato: «Domani farò un’istanza al Ministero — scriveva l’illustre prigioniero — acciocché mi autorizzi per il 1° maggio, a compiere i 47 anni. Scriverò pure un’istanza al Procuratore della Repubblica per ottenere due paia di mutande pulite ogni settimana.»
Esce dal carcere profondamente provato nel corpo (si aggrava l’ulcera di cui soffriva e arrivano gravi problemi cardiocircolatori... per cui dovrà andare per un non breve periodo di tempo a curarsi in una clinica svizzera) ma Giovannino è ancor più provato nell’animo anche se aveva scritto e lavorato senza aspettarsi la riconoscenza di nessuno... figuratevi quella degli ibridi democristiani che, a lui, dovevano la vittoria del 1948. Guareschi uscì dal Carcere di San Francesco del Prato (Parma), dove era entrato nel maggio 1954, nel luglio del 1955, dopo 409 giorni di carcere... altri sei mesi dovrà scontarli in libertà vigilata.
Nel 1957 lascerà la Direzione di “Candido” pur continuando a collaborarvi: quando nel 1961 uscì Don Camillo Monsignore... ma non troppo lontano dalla spirito “guareschiano” cessò la collaborazione con la Rizzoli e Angelo Rizzoli, nonostante avesse fatto le sue fortune, con lo scrittore della Bassa, chiuse anche il “Candido”.
Giovannino fu chiamato a “La Notte” da Nino Nutrizio e anche da “Oggi” in cui, settimanalmente, scriveva lo spassoso “Corrierino delle Famiglie”, poi cura una rubrica su “Il Borghese” di Mario Tedeschi e, nel 1968, fu chiamato di nuovo al “Candido” che aveva ripreso Giorgio Pisanò, ma morì prima di cominciare la collaborazione, come abbiamo detto, a Cervia.
Negli ultimi anni si era battuto contro la Rivoluzione conciliare e rimane un pezzo famoso, da antologia, scritto da Giovannino: “La Messa Clandestina” in cui è lui a scrivere al “suo” don Camillo esautorato dai nuovi barbari dell’iconoclastia conciliare:
«(Don Camillo) potrà celebrare una Messa Clandestina per pochi Suoi amici fidati. Una Messa in latino, si capisce, con tanti oremus e kirieleison. Una Messa all’antica, per consolare tutti i nostri Morti che, pur non conoscendo il latino, si sentivano, durante la Messa, vicini a Dio, e non si vergognavano se, udendo levarsi gli antichissimi canti, i loro occhi si riempivano di lacrime. Forse perché, allora, il Sentimento e la Poesia non erano peccato e nessuno pensava che il dolce, eternamente giovane volto della Sposa del Cristo potesse mai mostrare macchie o rughe. Mentre Essa si presenta a noi dal video profano, col volto sgradevole e antipatico del Cardinale Rosso di Bologna (Lercaro, n.p.c) e dei suoi fidi attivisti, gentilmente concessi alla Curia dalla locale Federazione Comunista. Don Camillo tenga duro: quando i generali tradiscono abbiamo bisogno più che mai della fedeltà dei soldati. La saluta affettuosamente il suo parrocchiano Giovannino Guareschi.»
Il Caporione comunista Palmiro Togliatti definì Guareschi: «Tre volte idiota, moltiplicato per tre» ma Giovannino definì l’espressione: “un ambito riconoscimento”, in precedenza il giornale dell’Azione (non) Cattolica le cui firme saranno, in seguito, il “Gotha” del Cattocomunismo aveva definito lo scrittore della Bassa uno scarafaggio e che a stringergli la mano «non si poteva non avere un senso di nausea»... altra onorificenza che giunse, in contemporanea, con la gradita nomina di Re Umberto, dal suo esilio di Cascais, a Grand’Ufficiale della Corona d’Italia.
“L’Unità”, il giornale dei Trinariciuti rossi, scrisse all’indomani della sua morte: «Malinconica fine di uno scrittore che non era mai nato.» La Televisione di regime — che per trent’anni si rifiutò di presentare i suoi film che, poi, toccheranno vette di ascolto mai raggiunte da nessuna pellicola — dedicò pochi secondi all’annunzio della sua morte, lo stesso fece la grande stampa.
Baldassarre Molossi, Direttore de “La Gazzetta di Parma” scrisse: «Guareschi ha avuto la sfortuna di morire in Italia...» e fu uno dei pochi giornalisti che parteciparono alla “sepoltura” che avvenne, in una giornata buia e piovosa del mese di luglio... non c’erano vip, né grossi Papaveri, né intellettuali radical chic. Erano presenti nel piccolo cimitero di Brescello, insieme ai due figli (la moglie Ennia non si sentì di assistere alla tumulazione) oltre al Molossi, Enzo Biagi, Carlo Manzoni, Giovanni Mosca, Nino Nutrizio, Enzo Ferrari... c’era anche, con le lacrime agli occhi, il sindaco socialista di Fontanelle di Roccabianca, il paese natale di Giovannino. E gli amici “del bar”.
Ma ogni giorno, in attesa di rivederlo in Paradiso, noi Giovannino — e con lui i suoi personaggi — lo abbiamo incontrato, nei suoi racconti, nelle sue storie, in famiglia con i nostri nipoti, nelle scuole con i nostri alunni, nelle Università con gli studenti che ancor oggi si commuovono rivedendo quel “mondo pulito”, quel pugnello di case e quelle vite agitate che, sembrava, volessero tener stretto, nei loro pugni, un po’ di quel cielo della Bassa.
Per quella tua vita pulita e onesta, per quella tua battaglia generosa e senza sosta per la Tradizione, per quelle ore liete che ci hai fatto trascorrere con i nostri ragazzi sulle pagine dei tuoi libri e davanti allo schermo del cinema, non possiamo che ringraziarti, come un amico caro e fraterno. “Ad Deum”.

sabato 13 ottobre 2018

Controrivoluzione n. 128





Editoriale:
Omaggio a Giovannino Guareschi
di Pucci Cipriani

A quarant’anni dall’aborto in Italia (1978-2018)
Come passò (e come avrebbe potuto essere evitata) la legge omicida
di Roberto de Mattei

Le Dat (Disposizioni Anticipate di Trattamento)
e la licenza umanitaria di uccidere
di Patrizia Fermani

1978 Tre Papi in un anno:
dal dubbio, all’incoscienza passando per il sacrificio
di Cristina Siccardi

Un ricordo del “Padre di don Camillo e Peppone”
A cinquant’anni dalla scomparsa di Giovannino Guareschi
di Domenico Del Nero

Un passato che non passa
di Fulvio Izzo

Tre INSORGENZE DIMENTICATE
Småland, Cornovaglia e Maryland
di Andrea Sandri

Elogio dell’ineguaglianza
di Carlo Manetti

Recensioni

giovedì 11 ottobre 2018

DA FIRENZE PARTE LA BEATIFICAZIONE DEL PORCO ERESIARCA LUTERO (di Filippo Bianchi)

Pubblichiamo la lettera del nostro amico Filippo Bianchi che non ha bisogno di commento. Si commenta da sé (P. C.)



Cari amici,

segnalo di aver purtroppo ricevuto questa newsletter, che di seguito inoltro, in merito alla giornata su Lutero in programma il 27 ottobre 2018 presso la Certosa di Firenze.
Ormai preti, uffici diocesani e vescovi ne stanno studiando di tutti i colori per confondere le anime e gradualmente propagare eresie sottraendo contestualmente tempo e risorse all'evangelizzazione.
Nella newsletter di propaganda si parla di divisione, dialogo ed ecumenismo, ma è bene precisare che la divisione dei cristiani e dell'Europa è stata causata dall'eretico Lutero e strumentalizzata per motivazioni politiche. Inoltre il dialogo e l'ecumenismo continui hanno palesemente l'unico effetto, oltre che la cripto-finalità, di svuotare il cattolicesimo per uniformarlo alla falsa religione della rivoluzione protestante.
Lutero era un frate agostiniano che ha rinnegato i propri voti per fare di una suora la sua concubina, inoltre era un ubriacone e un violento. Questo impostore ha causato danni gravissimi alle anime di coloro che lo hanno seguito e adesso si appresta a farne anche di maggiori, è possibile che si possa continuare in silenzio ad assistere alla graduale beatificazione di un eretico?
Ricordiamo cosa ebbe a dire Lutero in merito al papa: "Bisognerebbe arrestare il papa, i cardinali e tutta la plebaglia che lo idolatra e santifica, arrestarli come bestemmiatori e inchiodarli tutti in fila alla forca".
E' ormai evidente che è venuta meno anche pubblicamente l'integrità della fede cattolica non solo di molti presbiteri ma anche di vescovi, cardinali e istituzioni "cattoliche" nel perverso e pervertitore tentativo di compiacere il mondo e celebrare sé stessi.
Bisogna evangelizzare altro che dialogare! Perché in queste occasioni non viene spiegato a questi signori che il matrimonio è un sacramento? Che durante la Santa Messa assistiamo alla transubstanziazione? Perché non parlano ai protestanti dei Santi, della Gran Madre di Dio Maria Santissima e della Confessione!? Altro che dialogo!
L'eretico che viene celebrato nelle diocesi "cattoliche" e nei monasteri "cattolici" sosteneva quanto segue: "Pertanto, come già scrissi più volte, dico di nuovo: verso i contadini testardi, caparbi, e accecati, che non vogliono sentir ragione, nessuno abbia un po’ di compassione, ma percuota, ferisca, sgozzi, uccida come fossero cani arrabbiati...” (Martin Lutero, Scritti politici, Utet, Torino 1978).
Di seguito riporto un link dove si può anche leggere la testimonianza della Beata Suor Serafina Micheli sul Porcus Saxoniae: http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/content/view/2468/90/lang,it/
Siamo chiamati a non lasciarci minimamente infinocchiare da questi continui e "autorevoli" tentativi di cambiare la dottrina attraverso l'esaltazione di ciò che unirebbe e la censura del Magistero immutabile della Chiesa! Dobbiamo conservare il tesoro della Fede ed avere la coerenza e il coraggio di non tradire la Verità ma affermarla pubblicamente! 
Tutti quanti noi nel nostro piccolo siamo chiamati ad essere controcorrente, se non fossimo controcorrente rispetto alle logiche del mondo allora non saremmo cattolici!
Fa veramente soffrire il fatto che la nostra amata Certosa, dopo essere stata svuotata in altre epoche delle opere d'arte sacra e degli strumenti di culto, adesso sia addirittura svuotata della propria funzione per celebrare la figura di un eretico e confondere le anime.
Auspico che qualcuno voglia inviare delle comunicazioni di protesta alla diocesi tramite posta, mail o pec (firenze@pec.diocesifirenze.it) o assistere criticamente a questo evento se ne ha la possibilità, che Dio ve ne renda merito!

Filippo Bianchi



COMUNITA' DI SAN LEOLINO - CERTOSA DI FIRENZE

Per vivere l’ecumenismo / 1

Ripensare la Riforma
nel tempo della secolarizzazione

Un punto della situazione a conclusione del 500° Anniversario delle 95 Tesi di Lutero

In memoria di Mario Specchio (1946-2012)

Palazzo Acciaiuoli nella Certosa del Galluzzo

Sabato 27 ottobre 2018


Ore 10 – Saluti
Giuseppe Card. Betori, Arcivescovo di Firenze
Carmelo Mezzasalma, Superiore della Comunità di San Leolino
Timothy Verdon, Direttore del Centro per l’Ecumenismo dell’arcidiocesi di Firenze


Ore 10.30-13 – Prima sessione

I quattro Soli della teologia luterana, Friedemann Glaser-Franziska Müller, pastori luterani di Firenze

Lutero e la libertà, Luigi Alfieri, Università di Urbino

Lutero e la cultura tedesca, Luca Renzi, Università di Urbino


Inno e Corale, forme popolari del canto liturgico nella Chiesa cattolica e nelle Chiese della Riforma

Giuseppe Liberto, Maestro direttore emerito della Cappella Musicale Pontificia “Sistina”



Al termine della mattinata, presentazione del volume Lutero e i 500 anni della Riforma (cur. A. Aguti, L. Alfieri, G. Dall’Olio, L. Renzi, Edizioni Ets, Pisa 2018)



Ore 15.30-18 – Seconda sessione

Nietzsche critico di Lutero e della Riforma, Giuliano Campioni, Università di Pisa

Riforma e secolarizzazione: il caso di Friedrich Gogarten, Andrea Aguti, Università di Urbino

Protestanti ed ebrei a 500 anni dalla Riforma, Daniele Garrone, Facoltà Valdese di Teologia di Roma

Dietrich Bonhoeffer lettore di Lutero: il futuro del cristianesimo, Alessandro Andreini, Comunità di San Leolino



Ore 18 – Conclusione


Perché questa giornata
La celebrazione del 500° anniversario della Riforma protestante (1517-2017) è stata, in tutto il mondo, l’occasione per una preziosa e feconda rilettura di uno degli eventi capitali della storia, della cultura e dello stesso cristianesimo occidentale. E se ad alcuni può essere apparso strano l’aver dato tanta enfasi a un fatto, la pubblicazione delle “tesi” sulle indulgenze, da cui ha preso il via il processo che ha portato a un’ulteriore separazione fra i cristiani, dopo quella con l’Oriente, in realtà è ormai pienamente evidente che quell’evento e quel processo appartengono alla storia di tutti i cristiani. Una storia che, pur segnata da fatti anche tragici che non possono essere né cambiati né dimenticati, chiede di essere ripensata e ricordata alla luce di una comprensione sempre più profonda del vangelo di Gesù Cristo.
Da parte sua, nella commovente preghiera ecumenica comune nella cattedrale di Lund, in Svezia (31 ottobre 2016), papa Francesco ha tenuto a sottolineare che «l’esperienza spirituale di Martin Lutero ci interpella e ci ricorda che non possiamo fare nulla senza Dio»: un forte appello che non ha perduto nulla della sua provocatorietà proprio nel contesto di una modernità sempre più secolarizzata. «Con il concetto di “solo per grazia divina” – precisava il papa – ci viene ricordato che Dio ha sempre l’iniziativa e che precede qualsiasi risposta umana, nel momento stesso in cui cerca di suscitare tale risposta. La dottrina della giustificazione, quindi, esprime l’essenza dell’esistenza umana di fronte a Dio».
Ecco, allora, il senso di questa giornata di studi, in cui, anche a partire da un precedente convegno di studi tenutosi a Urbino nel 2017 e del quale verranno presentati gli atti, si cercherà di continuare ad approfondire l’evento della Riforma e alcune delle sue ricadute a livello spirituale, filosofico e, più ampiamente, culturale. Un dialogo ideale tra alcune delle coordinate di fondo della riforma luterana e una serie di sue riletture in tempo moderni, da Gogarten a Nietzsche a Bonhoeffer. Nell’ottica, come indica il titolo del percorso che la giornata intende inaugurare, di vivere un autentico spirito ecumenico in cui si va in cerca non di ciò che potrebbe dividere, ma di ciò che unisce e ci sostiene nel nostro faticoso cammino di fede.

sabato 29 settembre 2018

BREVE STORIA DEL CENTRODESTRA E UN CONSIGLIO (NON RICHIESTO) A SALVINI (di Pucci Cipriani)

Chi, come il sottoscritto, abbia visto in televisione, ultimamente, Silvio Berlusconi, avrà certamente avuto in un primo tempo un moto di rabbia (quando, ad esempio, il Cavaliere a fianco di Salvini dopo le consultazioni da Mattarella faceva la controscena elencando con le dita i punti del programma) poi di pena profonda quando, ormai sconquassato, con l'aspetto di un malato terminale o di una mummia in libera uscita dal suo sarcofago si presentava, e si presenta tuttavia, agli elettori annunziando la sua "discesa in campo" per "salvare il paese"....
E' la patetica fine delle persone che non sanno ritirarsi in tempo, con dignità, dal palcoscenico della politica che hanno calcato, nel bene e nel male, sempre da protagonisti, per tanti, tanti anni.
Ricordo nel1993 l'entusiasmo per la "discesa in campo" del Cavaliere di Arcore quando ormai le "sinistre" erano già pronte per andare al potere e circolavano le liste dei ministri per il "Soviet Italia" : come Ministro della Giustizia si faceva il nome del Magistrato Borrelli e come Ministro dell'Interno quello di Giorgio Napolitano, lo stesso personaggio che brindò, al tempo della rivolta ungherese, ai carrarmati sovietici che, sotto i cingoli, schiacciarono, oltre a migliaia di giovani studenti e lavoratori, ogni anelito di libertà del popolo magiaro. Ministro di Polizia, insomma, quello stesso Napolitano che di fronte ai Gulag sovietici e di fronte ad Alexander Solzenitzin, quello che sarà il più grande scrittore del XX Secolo e il più grande testimone della tragedia russa durante il Comunismo, ebbe il coraggio di affermare che il "dissidente russo", il "profeta del XX Secolo", con i suoi scritti... pensava al conto nella banca svizzera.
Sì, il cambiamento, dopo la scomparsa dei partiti tradizionali, non sarebbe stato indolore... l'Italia nata nel sangue di due feroci guerre civili, il risorgimento e la resistenza, avrebbe avuto ancora una "coda", con la ferocia non sopita del vecchio partito comunista italiano che avrebbe fatto le sue vendette.
Arrivò Berlusconi — se lo abbia fatto per salvare le sue televisioni o meno non importa — gli (ci) andò bene, ma poteva andargli anche male, ebbe coraggio... tentò e spazzò via, con il consenso entusiastico degli italiani, che hanno sempre votato anticomunista, la "gioiosa macchina da guerra" (ricordate?) di Achille Occhetto. Poi tra una vittoria e l'altra, in alternanza, ha tenuto per anni la "sinistra sulla corda" e ha tolto ai vari tigrotti rossi — pronti, nei loro discorsi, a "riprendere in mano il fucile" e "a tornare in montagna", dimenticando i dolori artritici e quelli prostatici — unghie, canini e vibrisse, rendendoli inoffensivi. Il tempo è galantuomo e gli anni pesano per tutti, compresi i detentori della "gioiosa macchina da guerra".
Il Cavalier Silvio Berlusconi nel 2008, arrivò a prendere oltre il quaranta per cento e, con quella legge elettorale, una maggioranza bulgara nei due rami del Parlamento. Poteva cambiare davvero l'Italia (ricordiamoci che nelle mani del Cavaliere erano anche le sue tre reti televisive e un allora ben avviato quotidiano: "Il Giornale"), ma l'uomo di Arcore aveva imbarcato, sulla sua filibusta, oves et boves et universa pecora, ovvero i rimasugli di quel che restava della democrazia cristiana, una mandria di portaborse famelici, assetati di posti, i "missini" che, con Fini e i suoi colonnelli, rinnegarono oltre trent'anni di onorevole opposizione e di riconosciuta onestà, distrussero un partito in piena salute, per mettersi anche loro, con i socialisti e gli altri "laici", alla greppia, a mangiare e ad arraffare a quattro palmenti... e in questo — duole dirlo — gli ex "balilla di Gianfranco Fini" riuscirono a battere tutti.
La Lega era soltanto una piccola forza locale federalista, ma aveva, già allora, una sua "grinta" e non era del tutto assimilabile agli altri e si deve a quel Movimento se alcuni "intellettuali", per la prima volta, affrontarono temi, fino allora proibiti, come "L'Antirisorgimento" e la "Malaunità".
Berlusconi, un piduista anomalo, un personaggio che, nonostante il suo approccio al "liberismo selvaggio", amava ricordare anche i suoi trascorsi di ex allievo salesiano, allora non era ben visto (tanto per usare un eufemismo) dall'establishment... veniva considerato "un corpo estraneo", insomma, un "parvenu" della società e della politica che aveva osato contrastare l'egemonia della Sinistra... il personaggio, privo di remore morali, era però abbastanza intelligente per capire che la maggior parte dei voti dei milioni di suoi elettori veniva dalla base cattolica, quella base che allora, nonostante la "scristianizzazione" fatta dalla DC, si riconosceva nella Dottrina sociale della Chiesa e nella difesa dei "principi non negoziabili" portati vanti da Giovanni Paolo II e, poi, da Benedetto XVI. Durante il suo mandato Berlusconi non fece leggi "di morte" e si tenne alla larga dai così detti "diritti civili" che poi sarebbero le aberrazioni che Renzi e Company porteranno avanti : matrimoni pederastici e pre-eutanasia ("i nostri pensionati campano troppo a lungo" proclamò il Ministro dell'economia, il PD Padoan), utero in affitto con conseguente compravendita di bambini, teoria gender nelle scuole, con il quale si concede ai bambini, fin dall'asilo, di scegliere il loro stato nella gamma LGTB (Lesbica - Gay - Trans - Bisex).
Ma il Cavaliere "Arcoreo" oltre ad avere una non nascosta passione per le "puttane" (nell'alcova, nel partito e nel Parlamento) che si avvicendavano nei festini a cui partecipavano, a vario titolo, i tanti "proci" del partito e di Mediaset, teneva anche famiglia, anzi, famiglie... per cui i consiglieri di quelle sue faraoniche aziende che, un tempo, lo avevano convinto a "scendere in campo", lo convinceranno, poi a togliere l'incomodo e a mettere, al suo posto, l'uomo degli strozzini e dei cravattari bancari, Mario Monti... per "salvare" — more solito — Mediaset.
E così, bon gré - mal gré, il Cavaliere si fa complice di quello che fu definito il "Colpo di Stato" ordito da Napolitano contro l'esecutivo di cdx... in altre parole il Cavalier Berlusconi si strangola con le proprie mani, politicamente, dando il via libera al governo della "macellazione sociale" eterodiretto dal Mondialismo Massonico Internazionale, il governo più disastroso che mai l'Italia abbia avuto... ma, nello stesso momento, Berlusconi salva le sue aziende che erano nell'occhio del ciclone...
Certo, di attenuanti per non fare tutte quelle riforme che aveva promesso, Silvio Berlusconi ne aveva, a cominciare dal tradimento di Fini e di Casini. Il male è che non fece assolutamente nulla... anzi quello che fece lo fece nel senso inverso... a cominciare dalle nomine dei suoi collaboratori e "portavoce". Di fronte a tante persone oneste e preparate, a tanti che credevano in una società più giusta e a misura d'uomo, si circondò di nani, ballerine, saltimbanchi, "donnine allegre", lecchini, lestofanti, personaggi clowneschi (e il povero Sandro Bondi— che almeno ci fece ridere — non fu il solo)...
Fede, Denis Verdini, la Carfagna, la Prestigiacomo, la Brambilla... inoltre le sue televisioni contribuirono e contribuiscono oggi, in maniera incredibile, alla scristrianizzazione del Paese con programmi scandalosi che portano avanti l'ideolgia "radicale"... al TG4 Cecchi Paone, precedentemente "trombato" nelle liste di Forza Italia, ci fece rimpiangere perfino i "siparietti" di Emilio Fede.
Dopo la caduta del Governo Monti, praticamente tutto il potere politico di Forza Italia cadde nelle mani di Denis Verdini che, anche in precedenza, aveva fatto il bello e il cattivo tempo in FI, iniziando una "guerra personale" contro le "preferenze" — l'ex sensale di carne macellata, non sarebbe mai diventato nemmeno consigliere comunale di Roccacannuccia se la sua elezione fosse dipesa dai voti popolari — e nominando, chiuso in una stanza a Firenze, con i boss della sua "banda", mezzo Parlamento con il "placet" berlusconiano...
Denis Verdini poi, nella sua Firenze, come del resto in tutta Italia, ormai divenuto il "Ducetto" a cui tutti nel cdx baciavano i piedi... e non soltanto i piedi, presentandosi dinnanzi a lui proni, a quattro zampe ("mamma d'agnello"), per prendere ordini dal "Capo" .
Matteo Renzi fu una "creatura" verdiniana (sembra che Denis e il padre del Bomba, Tiziano, si siano conosciuti in una Loggia massonica da entrambi frequentata) e fu lo stesso Verdini — che non appoggiò il candidato del cdx, l'onesto e combattivo Giovanni Galli — a volere "Matteo" come sindaco di Firenze.
Nel frattempo il cervello di Berlusconi sembra andare ancor più "in pappa" per il gentil sesso e — come spesso accade quando le persone anziane "imporchiscono" — dà il peggio di sé con feste, festini, "Orgette" e "Olgettine", escort vestite da "infermiere", e personaggi infrequentabili, compresa la "nipotina" (minorenne) di Mubarak; "e che ci volete fare, Berlusconi è così... a lui piacciono le donne" ripetevano i suoi immarcescibili sostenitori che rimasero assai male quando, su suggerimento della sua concubina Francesca Pascale, il Cavaliere "arcoreo" fece la sua "inversione" omosex invitando a cena Luxuria e facendosi immortalare in una foto che rimarrà alla storia: a destra il/la Luxuria, a sinistra la signorina Pascale e, in mezzo Dudù il barboncino che, ci hanno fatto sapere, anche lui ha o aveva "tendenze gay".
E il "Porco di Arcore" ebbe allora la sfacciataggine di fare le sue "comparsate" in TV proclamandosi a favore dei matrimoni pederastici (unioni civili)... e lì cominciò la deriva "radicale", con la signorina Pascale che, messo il guinzaglio, contemporaneamente a Dudù e al Cavaliere, ordinò le prime "epurazioni" al "Il Giornale". Fu cacciato — era troppo di destra e, oltre tutto, troppo attaccato alla Tradizione — il più bravo e famoso giornalista che aveva dato fama e lustro al quotidiano fondato da Indro Montanelli: Marcello Veneziani... seguiranno poi Lorenzetto, Michele Brambilla e molti altri. Lo stesso avverrà a "Libero" che il deputato forzista Angelucci metterà nelle mani di Denis Verdini — almeno fino a quando rimarrà "a piede libero" — da dove sarà costretto a emigrare il Direttore Maurizio Belpietro, Giancarlo Perna e tanti altri... mentre dalle televisioni Mediaset verranno cacciati Del Debbio, Mario Giordano e lo stesso Belpietro, il fior fiore del giornalismo (pulito) italiano, perché "le loro trasmissioni hanno portato voti... alla Lega".
Insomma vediamo l'uomo di Arcore che, messosi in trono, come un qualsiasi tirannello rinascimentale, tratta i partiti alleati — Lega e FdI che non arrivavano a una percentuale a due cifre — allo stesso modo con il quale la Pascale trattava lui e Dudù. Mentre Verdini, dopo il fallimento del "Patto del Nazareno" che, sia pure in fieri, fece perdere a Berlusconi sia i voti che la faccia, era stato mandato "in avanscoperta", per sommare i suoi voti a quelli del PD, per non far cadere il Governo di Renzi, insieme ad altri personaggi tra cui l'ormai dimenticato Ministro dell'invasione islamica Angiolino Alfano e il famelico Maurizio Lupi, quello dei Rolex, detto anche "Vinavil" per il suo attaccamento alla seggiola...
Nel frattempo la Lega e Fratelli d'Italia — ch' erano stati, come abbiam detto, eroicamente, all'opposizione nel Governo Monti — facevano la loro battaglia ma venivano sempre "bacchettati" dal Cavaliere di Arcore che comunque, con incredibile e costante emorragia, continuava a perder voti. Il Bomba, invece, è sicuro di vincere il referendum con il quale avrebbe abolito il Senato e quindi ci avrebbe risparmiato anche la fatica di andare ad eleggere i rappresentanti del popolo; a nominarli ci avrebbero pensato il Berlusca che ancora non era del tutto rincoglionito o in stato precoma come adesso e, siccome non era scemo, guardava i sondaggi e capiva che la gente lo avrebbe mandato a casa se solo avesse proclamato ufficialmente l'alleanza con il Pinocchietto di Rignano. Non se la sentì di prendere posizione ufficiale a favore del referendum renziano e fece, con il maldipancia, la campagna per il no... ma sperando, in cuor suo, che Renzi stravincesse per poter fare, poi, questo benedetto "matrimonio".
Il Cavaliere aveva tirato fuori dal cilindro, oltre a diversi conigli, anche strani personaggi come, ad esempio, Parisi, che, messo in contrapposizione a Sala per la carica di sindaco, riuscì a farci perdere Milano... non contento poi, di averci fatto perdere Milano, lo stesso Cavaliere, che evidentemente si era accordato con Renzi per non fargli perdere la faccia, volle candidare Parisi, contro il parere di tutti, alla Presidenza della Regione Lazio e anche quella fu persa. Come volevasi dimostrare.
Poi il gioco divenne ancora più sporco con l'elezione di Tajani alla Presidenza del Parlamento Europeo : prove non ce ne sono, ma non appare neanche immaginabile che nell'UE — dove nessuno è eletto dal popolo, ma dove vengono "nominati" i "catapultati" dai "poteri forti" — Tajani sia stato prescelto per qualche suo "merito": la sua elezione probabilmente fu "concordata" tra il Sinedrio Europeo e lo stesso Berlusconi, tanto che, dopo la sua "conversione" al mondialismo massonico dell'Europa, il Cav. Silvio Berlusconi (il "parvenu", la "scheggia impazzita" di una volta...) è stato completamente e pubblicamente sdoganato da "noto club europeo dei Poteri Forti", a cominciare dal "guru di Repubblica", il logorroico Eugenio Scalfari con tutto il suo stormo di cornacchie... Tajani, ovvero il Signor "Nessuno", il Nulla in assoluto, venne presentato come il "nuovo" e la cosa finì per far del male allo stesso pupillo berlusconiano, Antonio Coccobello, che ci credette davvero e, forse, poveretto, ci crede ancora...
E siamo alla vigilia delle elezioni di marzo: Berlusconi propone, in caso di vittoria, Tajani come Presidente del Consiglio... e intanto pontifica su un centrodestrra che, secondo lui e pochi intimi, avrebbe avuto la sua legittimità dalla garanzia di "democracità" e di "fedeltà" alla UE del mondialismo massonico, data dalla presenza di Antonio Coccobello, il Presidente del Sinedrio UE.
Salvini e la Meloni ebbero — sempre secondo il modesto parere del sottoscritto — il torto di accettare l'alleanza con il Cavaliere di Arcore che, nel frattempo, cercava di intorbidire le acque e metteva ostacoli sul cammino di Salvini... non furono un caso le dimissioni di Maroni, che era stato additato dai vertici di FI come un probabile nome da mettere nella rosa dei papabili alla Presidenza del Consiglio, da Presidente della Regione Lombardia... come non fu un caso l'intimazione a Salvini di mettere Bossi nelle liste... altrimenti avrebbe trovato "asilo politico" in Forza Italia...
E durante la campagna elettorale si vide bene come Bossi e Maroni fossero eterodiretti dalla "Postazione arcoreiana" contro Salvini per minarne la credibilità e la simpatia che trovava presso il popolo. Chi non ricorda le dichiarazioni perfide di Maroni che disse che lui, in Francia, avrebbe votato per Macron , e quelle sgangherate di Bossi, che pensava di essere il Bossi degli anni Ottanta, e che era invece, allora come oggi, semplicemente patetico. Salvini lasciava correre e, non curandosi delle beghe più di cortile che di Corte, portava avanti una politica coraggiosa: andare in Europa da uomini liberi senza il cappello in mano, dire "basta" agli sbarchi di clandestini e all'invasione islamica voluta dal mondialismo massonico che si serviva — e cerca tuttavia di servirsi — dei banditi prezzolati della mafia delle ONG, più sicurezza e legge sulla legittima difesa... che deve sempre essere "legittima", difesa dei valori non negoziabili...
Verdini — che, ora, dopo la solenne trombatura elettorale e dopo le condanne cumulative a 11 anni di carcere, non sappiamo se sia ancora a piede libero o nelle patrie galere — fu il traditore, che permise l'approvazione della legge sui matrimoni pederastici, in questo seguito dai suoi parlamentari (ALA) "finti transfughi" e da quelli di Forza Italia che, in maggioranza, o disertarono la seduta o votarono, insieme alle sinistre. Lo stesso per il "testamento biologico" la pre-eutanasia...
Anche la Meloni, come Salvini, tenne dritta la barra sui "valori eticamente sensibili" e, anche sull'invasione islamica e sulla sicurezza, parlò lo stesso linguaggio del leader leghista che alle continue provocazioni forzitaliote, in campagna elettorale, rispondeva seccamente: "Sarà leader chi avrà un voto in più"... mentre Forza Italia, nel suo blaterare, assicurava che l'Europa e i mercati (il Mercato, questa immonda creatura a cui gli eurocrati vorrebbero dare vita e perfino un'anima: "Ora Mercati respirano" oppure "I Mercati soffrono"...) sarebbero stati garantiti dalla presenza del Cavaliere e di Tajani… che il centrodestra avrebbe dovuto abbandonare le idee "populiste" e "sovraniste" di Lega e FdI e diventare una forza "moderata", "liberale", "europeista", "antipopulista"... insomma l'opposto di quello che chiedevano gli elettori che infatti premieranno la Lega a discapito di Forza Italia che fece come i Pifferi di Montagna : "Andati per suonare... furono suonati".
Il resto, cari amici lettori, è cronaca : il Governo fatto con il M5S (altrimenti non saremmo tornati al voto ma al Governo sarebbero andati i tecnici eurocrati alla Monti... era già in panchina il menagramo Cottarelli) e — dopo mille inciampi, dopo l'ostracismo nei confronti di un personaggio come Savona, dopo le "bizze" mattarelliane, dopo le minacce dell'Europa che aveva la spudoratezza, abituata con le sinistre, di metter bocca pesantemente sulle nostre questioni interne, nonostante il fuoco "amico", tremendo, delle truppe in rotta di quello che rimaneva Forza Italia ai cui esponenti non è rimasto altro che la rabbia e la bile... per la vittoria leghista (meritatissima) — Salvini riuscirà a siglare un patto con il M5S e a formare un Governo.
In settanta giorni di Governo — nonostante abbia, praticamente TUTTI contro: da Forza Italia, alla Massoneria; dalle banche alle Sinistre; dalle lobby gay bergogliana capeggiata da Bassetti, Ricca, Paglia e Galantino fino ai centri sociali; dall'EU e l'ONU ai banditi delle ONG; dai sindacati alle macerie delle (ex) associazioni cattoliche; dalla Magistratura ai rottami democristiani — Salvini è riuscito a fare quello che, mai, nessuno, era riuscito a fare: ha fermato, come aveva promesso, con estremo coraggio, senza tante chiacchiere, con determinazione e fermezza, l'invasione extracomunitaria che — secondo le intenzioni di Soros e compagni — avrebbe dovuto effettuare quella "sostituzione etnica" per creare nuovi schiavi...
I Cinque Stelle stanno mantenendo il patto stipulato con la Lega e, almeno, siamo sicuri — dopo le ferme dichiarazioni del Ministro della Famiglia Fontana — che, almeno per il momento, verranno fermate le pazzie contronatura del "gender" e verrà bloccata la deriva eutanasiaca, mentre verrà effettuata una politica per la famiglia. Anche il reddito di cittadinanza, se coniugato con una saggia politica di abbassamento delle tasse, sarà un forte incentivo per la "ripresa" di quelle famiglie e di quei tanti giovani disoccupati non per colpa loro e che le sinistre e i forzitalioti chiamano, spregiativamente, "fannulloni".
Salvini che, instancabilmente gira per lungo e per largo l'Italia, avrà certo notato l'entusiasmo per la sua politica di fermezza... del resto i sondaggi che portano la Lega ad essere il primo partito con oltre il trenta per cento dei voti stanno a dimostrazione di quanto detto. Nella (ex) rossa Toscana — grazie al traino del Carroccio — sono state espugnate, negli ultimi turni elettorali alcune città, molte delle quali roccaforti storiche della sinistra come Massa, Pisa, Pistoia, Siena, Grosseto... la Regione Toscana, con il vento in poppa della Lega, l'entusiasmo dei suoi sostenitori… dovrebbe avere le ore contate... visto che non c'è più Verdini con i suoi lacchè a "fare le liste" per far perdere il centrodestra.
Le previsione sono buone. Ma, attenzione, ci siamo accorti che la Lega (e anche FdI) sono cosa ben diversa da Forza Italia? I primi si richiamano a una loro storia, non rifiutano la politica di fermezza, l'etichetta di "destra", mentre rifiutano il servilismo nei confronti dell'Europa... Forza Italia è un partito filoeuropeo, prono di fronte alla Signora Merkel (quella che, un tempo, Berlusconi definì "Culona") e alle "sciatiche" di Juncker... gente che, giornalmente, ti spara addosso dalle colonne dei quotidiani berlusconiani e dalle TV di Mediaset... l'unica preoccupazione del Berlusca, l'ex orchestrale della Flotta Lauro, è quella delle sue aziende e lo ha dichiarato, papale, papale : "Hanno annunziato misure sui tetti pubblicitari che farebbero chiudere Mediaset il giorno dopo"... il programma forzitaliota è tutto qui.
Se avessi l'autorità e l'autorevolezza di dare consigli a Salvini, gli direi di non presentarsi alle elezioni prossime con il partito di plastica di Silvio Berlusconi ma con FdI della Meloni e gli porterei due esempi, strapaesani se volete, alla Domenico Giuliotti, quello di "Pensieri di un Malpensante": scrive un amico (E.M.) che è stato a lungo dirigente di AN: "Ho finito nel 2000 il mio impegno politico, ho lasciato la mia tessera e il mio ruolo di coordinatore del Collegio 6 di AN. Ho seguito attentamente i passi della Lega Nord, mi sono "risvegliato" con Matteo Salvini, il Capitano, ma non mi rimetterei mai tra le p... e ex forzisti (ovvero ex DC,PSI, PLI...) e non prendiamoci più in giro con il "turarci il naso" o "il dover comprendere"... Non voterò più inciuci, né terrò tessere ove vi siano tali figuri in mezzo. Preferirei allearmi con gli ex di Rifondazione..."
Potrei assicurare che questo è il ritornello che tutti ripetono.
Nelle ultime elezioni il successo della Lega è stato clamoroso — come già abbiam detto — in tutta la Toscana, alle grandi città espugnate, si sono aggiunti decine e decine di piccoli paesi dove la Lega ha vinto o ha avuto un piazzamento ottimale. Qui, nel mio "chiaro Mugello", dove D'Annunzio vide "fiorir bianco" l'asfodelo, si tenevano le elezioni amministrative in un paese, Marradi, famoso, tra l'altro, per aver dato i natali al poeta Dino Campana.
Mi ero permesso di consigliare un amico, dirigente leghista, di non fare "ammucchiate"... mi erano giunte agli orecchi voci che "suonavano a morto" per la Lega se mai si fosse alleata con Forza Italia proprio in quel di Marradi... naturalmente i miei consigli furon vani, anzi... mi sembrò perfino che ci si ingegnasse per fare il contrario... a Marradi c'era un candidato fedele alla linea berlusconiana (delle persone io ho il massimo rispetto e certo non addosso a loro certe colpe politiche!) legato all'ex Ministro Brunetta (e tutti sanno quanto Brunetta stia sulle scatole a tutti). Insomma ammucchiata fu e la coalizione di cdx crollò tanto che non prese neanche i voti che la Lega aveva preso, da sola, alle consultazioni precedenti (prima del suo exploit)... insomma il PD (che a Marradi non "raccattava palla" e alle elezioni era, in genere, sempre battuto) ha preso l'86% — dicesi ottantasei per cento — vincendo alla grande... una sconfitta epica per la Lega. Ci disse mesi dopo un amico marradese simpatizzante della Destra che molti, lui compreso, avevano preferito votare per il Pd piuttosto che per Forza Italia... tanto era l'avversione per il partito di Berlusconi...
Piccola politica questa, certamente, ma provate a domandare agli elettori propensi a premiare Salvini — molti dei quali provenienti, come, onestamente, ha ammesso Bersani, da Sinistra — se lo voterebbero lo stesso in una coalizione con Forza Italia... e poi venitemelo a dire.

PUCCI CIPRIANI