In questi ultimi giorni ha suscitato un certo scalpore la “carrambata” televisiva di Papa Francesco, ospite del noto conduttore televisivo Fabio Fazio, epigono della migliore classe radical-chic italiana. Più che sui contenuti dell’intervista, il dibattito si è incentrato sul fatto che il papa sia stato ospitato ad un programma televisivo. Il papa, come qualcuno ha ironicamente (e acutamente) osservato, si è recato in udienza dal Fabio nazionale. D’altronde dopo Saviano e il Mago Forest, il papa non poteva mica essere da meno? E poi, vuoi mettere il gusto di partecipare ad una trasmissione che si chiama “Che tempo che fa”? Mai titolo fu più banale e ordinario…
E allora via all’intervista, annunziata
a gran cassa come massimo esempio di umiltà e mitezza franceschiana. Un papa
che si lascia intervistare da Fazio, dev’essere buono per forza, perché da
Fazio si parla di buoni sentimenti, di ecologia, di rispetto, di immigrazione
ed emarginazione. E papa Francesco allora ci sta come il cacio sui maccheroni
(tanto per rimanere terra terra). E poi quale apertura mentale questo Santo
Padre, che va ecumenicamente a parlare proprio da Fazio, dove la “valletta”
Litizzetto non esita ad incalzare (e denigrare) la chiesa, ora sull’accoglienza
degli immigrati, ora sulla questione dell’omosessualità. Non c’è che da
rimanere stupiti (o sconcertati?).
Dunque, che avrà mai detto il Santo
Padre in questa benedetta (si far per dire…) intervista? Il bello è che in
realtà pare che nessuno l’abbia ascoltata. O quantomeno che nessuno abbia
trovato il tempo per riportarne i contenuti. E per nessuno intendo i grandi
media (Avvenire non conta… ho detto grandi media) che invece avevano fatto da
cassa da risonanza dell’evento. Su internet si trova qualche articolo di
critica, qualche sbavante incensazione, e poco altro. Qualcuno tenta di mettere
in luce quanto detto dal regnante pontefice, in linea con quanto la chiesa da
sempre esprime. Tuttavia i più hanno, correttamente, rilevato la peculiarità di
un papa che va in televisione per essere intervistato. I contenuti
dell’intervista, al pari degli altri eventi televisivi, sembrano essere già
dimenticati il giorno dopo. Ciò che rimane, è appunto, il fatto.
Per non essere da meno, faccio anch’io
coming out: l’intervista non l’ho vista né ascoltata. Avevo di meglio da fare
(10 ore di sonno sono impareggiabili). Mi sono limitato a leggere qualche nota
critica ex post, e qualche commento sagace ex ante. Ma allora, mi si opporrà,
come fai a parlarne, non avendola vista? L’eccezione potrebbe sembrare anche
puntuale, se non che parte da un errore di fondo: a nessuno interessa(va) cosa
veramente avesse da dire papa Francesco. Quello che interessava, e in tal senso
è stato messo in risalto, era la sua partecipazione al programma faziesco. Il
messaggio, a ben vedere, risiedeva nella presenza stessa del pontefice al
programma. Di quello che aveva da dire papa Francesco, aldilà di qualche frase
banale riportata dai media (… la guerra è brutta), a nessuno interessava.
Una intervista ammantata di mistero
(sarà in diretta o registrata? Il papa sarà collegato da remoto o andrà in
studio?), annunziata urbi ot orbe quasi a voler alzare il livello di interesse
per l’evento, evidentemente basso. Ed infatti, molto di più se ne è parlato
prima, che dopo. A dimostrazione che dei contenuti (indipendentemente dal
valore degli stessi) poco o nulla importasse. Il papa intervistato da un
conduttore televisivo (peraltro su una rete televisiva un tempo nota come
“teleKabul”) come un quisque de populo,
ecco la novità, l’Evento (con la E rigorosamente maiuscola) quasi
rivoluzionario. Il contenitore diventa contenuto. Il messaggio è dove vado, con
chi parlo, non cosa dico.
Dunque, in tale prospettiva, anch’io
sono assolutamente legittimato a parlarne, perché è sul piano comunicativo (e
non religioso) che dev’essere inquadrato l’evento (con le e rigorosamente
minuscola).
E il messaggio è semplice e chiaro: la
figura del papa degradata a mero ospite televisivo, uno dei tanti. Siamo
passati dal papa re al papa comparsa.
Il disegno è chiaro. La
desacralizzazione della figura del papa e di conseguenza della Chiesa. Il che è
certamente coerente con chi, da sempre, tesse le proprie trame per distruggere
la Chiesa. E’ meno lecito, a ben vedere, se a farlo è il papa. La
banalizzazione della figura del pontefice parrebbe costituire il leit motiv del pontificato di Bergoglio
e dei suoi lacchè. A partire da quel “Buona sera”, proclamato solennemente
dalla finestra nel marzo del 2013, alle telefonate a sorpresa a casa dei fedeli
(forse concluse con un “Buon pranzo”?), le comparsate mediatiche del papa
argentino hanno avuto un unico risultato (involontario?): sminuire la figura
del papa, de-romanizzarlo, eliminarne ogni residuo di sacralità e trascendenza.
Il papa è mostrato come uno di noi, uno del popolo, non più come re.
Ed ecco, coerentemente, il papa che
invece di risiedere negli appartamenti vaticani, se ne va a dormire nella più
umile domus Santa Marta. Eccolo a tavola con gli amici che ride e mangia
spensierato: due bordolesi aperte e bottiglie d’acqua di plastica (ma la sua
amica Greta che dirà?). Ecco il papa che da solo si porta la sua valigetta di
pelle nera, come un qualsiasi agente di commercio (con tutto il rispetto per
gli agenti di commercio). Ecco il papa che se ne va a comprare un disco di
musica nel negozietto di quartiere, rigorosamente in cinquecento. Eccolo al
negozio di ortopedia per comprarsi un bel paio di scarpe ortopediche
(rigorosamente nere, che forse sono più eleganti…). Parrebbe quasi di
aspettarselo la mattina a prendere il caffè al bar sotto casa: “A Francè
allora, che lo voi semplice o macchiato?”, oppure dal salumiere (“Santo Padre
sono due etti e trenta, che faccio lascio?”).
Tutto conduce alla farsa, alla riduzione
a macchietta. Il papa sminuito a opinionista, la sua persona equiparata a
quella di un cantante del momento. Oggi il papa, domani magari il dalai lama.
Che differenza c’è? Trovo, a caso, su internet un titolo significativo: “A un Che tempo che fa 2021/22: anticipazioni
puntata 6 febbraio 2022, ci sono Papa Francesco e Mahmood e Blanco”. Capito
l’antifona? E allora che c’è di meglio per sentirsi alla pari, che ne so, di un
Gigi Marzullo de noartri, di partecipare a Che tempo che fa? L’anno prossimo si
spera San Remo…
Una quotidianità ostentata (e
accuratamente documentata e propagandata), da cui ne esce una figura
banalizzata, che sembra rifuggire da ogni sacralizzazione che lo status
imporrebbe. Niente inchini e baci alle mani, via la pompa, cerimoniali ridotti
all’osso. Il papa mostrato nella sua quotidianità per sminuirne la funzione
sacrale e per accentuarne la quotidianità. Il papa inter pares con il pizzicagnolo e il rapper. Un papa che piace alla
gente che piace.
Che poi, in tutta onestà, a qualcuno
questa “carrambata” sembrerà normale, qualcun altro dirà, con fare snobista,
che non c’è nulla da stupirsi. Qualcuno si sfregherà le mani… Ma a noi si
stringe il cuore, e la rabbia è pari solo all’umiliazione che proviamo.
Un caro amico, anch’egli indignato, mi
ha scritto un messaggio: “Il Papa va
ospite da Fazio a dire che il male della Chiesa è lo spirito mondano… un vero
paradosso!”.
Un banalissimo paradosso. Come questo
pontificato.
Ascanio
Ruschi