lunedì 5 settembre 2022

Civitella del Tronto: fortezza della Tradizione (di Ascanio Ruschi)

Il borgo fortificato di Civitella del Tronto sorge a circa 600 metri slm, e la sua antica fortezza domina la valle del Salinello e del Vibrata. Montagne impervie, ancora boscose e poco abitate, proteggono la valle verso nord e ovest. Solo verso il mare i monti degradano in colline, gli abitati sono più frequenti, e i segni della civiltà rurale testimoniano una identità fortemente legata al territorio. Siamo quasi al confine con le Marche, ma in terra di Abruzzi. Terra contadina, di confine, da sempre contesa (in rapporto di complementarità e simbiosi) con la natura.

L’azzurro lontano del mare, visibile nelle giornate più terse, è spesso oscurato dalle bianche nubi che scendono dai monti. Venti freddi, talvolta carichi di neve, sferzano le vallate civitellesi. Le strade che portano, tornante dopo tornante, al paese, spesso interrotte da frane, sono attraversate da animali selvatici. Specialmente la notte, quando le poche luci artificiali di vecchie cascine isolate non riescono ad oscurare la brillantezza delle stelle e della luna.

A difesa del territorio svetta, da oltre mille anni, l’antica fortezza di Civitella del Tronto, detta la “Fedelissima”, ultimo baluardo del regno del Sud all’invasione piemontese, arresasi dopo oltre 200 giorni di assedio e addirittura dopo 3 giorni la dichiarazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861). Sotto la fortezza, nei secoli è cresciuto il piccolo borgo: strade strette e lastricate di ciottoli, piccoli ma eleganti palazzi, sparuti lampioni che, quasi timorosi, illuminano di giallo il passaggio.

E’ fondamentalmente una la strada di accesso a Civitella del Tronto: attraverso Porta Napoli (ad oriente), l’unica delle tre porte urbane ancora integra (della Porta di Vena ad occidente è rimasto il passaggio a volta, mentre è sparita la meridionale Porta delle Vigne). E accanto alla porta Napoli, la Chiesa di San Lorenzo, che si apre su Piazza Franciscus Filippi Pepe, da cui uno splendido belvedere regala una vista mozzafiato sui monti e sulla valle sottostante. Meravigliosa immagine della fortezza che sovrasta il paese e la Chiesa, esemplificazione urbanistica di una societas tradizionale che poneva il potere temporale come strumento di difesa della Chiesa.

Dalla piazza la strada si restringe nuovamente, e attraversa per lungo tutto il borgo. Imboccata la via, dopo pochi metri, sulla sinistra,  la bianca bandiera con lo stemma del Regno delle Due Sicilie indica ove si terrà (e si tiene di consueto) il nostro incontro. È proprio lì, presso l’hotel Fortezza, che infatti ci ritroveremo nuovamente il 7, 8 e 9 ottobre per il nostro consueto convegno della Tradizione, quest’anno dedicato ai protagonisti della Controrivoluzione. È lì che, grazie all’assistenza della Fraternità San Pio X e dei sacerdoti presenti, celebreremo la S. Messa in rito antico, la Messa di sempre e di tutti, come la celebrava l’umile e coraggioso frate francescano padre Zilli da Campotosto, durante l’assedio di Civitella, assistendo gli stremati difensori e portando loro il conforto spirituale. Da lì partiremo il venerdì sera per la Via Crucis. Fiaccole alla mano, nel silenzio del paese, interrotto solo dalle preghiere del Sacerdote e dalle risposte dei fedeli (“Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum”) circumnavigheremo, rispettosi, il piccolo borgo di Civitella, transitando davanti alla statua di Matteo Wade, l’eroico irlandese che resistette alle truppe francesi guidate da Gioacchino Murat, e alla piccola Chiesa di San Francesco.

Lì, nella giornata del sabato, si svolgeranno le relazioni degli amici che, per semplice amore della Tradizione, da ogni parte della penisola accorreranno per testimoniare, ancora una volta, che la Tradizione è viva, che non è mera riproposizione del passato, ma linfa vitale del futuro. Mangeremo tutti insieme, rideremo e all’unisono intoneremo i canti dei briganti. Brinderemo alle battaglie passate e future, e mestamente ricorderemo chi ha lasciato la vita terrena (quest’anno Piero Vassallo). Non dimenticheremo neanche quei pochi, pavidi e opportunisti, che hanno tradito Civitella e la Tradizione. Anche per loro, meschini come quegli ufficiali che aprirono le porte della Fortezza agli invasori, eleveremo le nostre preghiere.

Da lì, la domenica mattina, stendardi al vento, ci avvieremo recitando il Santo Rosario, ascendendo alla rocca, ove innalzeremo, ancora una volta, la bandiera del glorioso Regno delle Due Sicilie, simbolo di un’epoca, e di valori, che ancora vivono e rivivono nel cuore e nelle preghiere di chi ha fatto proprio il motto “etsiam omnes, ego non”. Sosteremo nella chiesa di San Giacomo, nel punto esatto ove ancora giacciono i resti dei difensori, molti dei quali fucilati, ad assedio concluso, per alto tradimento verso un regno che non era il loro. Visiteremo la fortezza, oggi in parte restaurata dopo che venne quasi rasa al suolo dagli invasori piemontesi, su ordine del generale Manfredo Fanti, quale damnatio memoriae di quella epica resistenza.

Agli eroici difensori di Civitella, ma anche a tutti i combattenti della Controrivoluzione, dai vandeani francesi ai cristeros messicani, dai briganti del sud ai carlisti spagnoli, dagli zuavi pontifici agli insorgenti antigiacobini, dedicheremo i “nostri” tre giorni di Civitella, sicuri che la fiamma della Tradizione, se Iddio vorrà, splenderà in eterno.

E ancora una volta potremo gridare “Viva Francesco e Sofia! Viva la Tradizione! Viva Cristo Re!”.

Ascanio Ruschi

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