giovedì 10 febbraio 2022

LA COMPARSATA (di Ascanio Ruschi)

In questi ultimi giorni ha suscitato un certo scalpore la “carrambata” televisiva di Papa Francesco, ospite del noto conduttore televisivo Fabio Fazio, epigono della migliore classe radical-chic italiana. Più che sui contenuti dell’intervista, il dibattito si è incentrato sul fatto che il papa sia stato ospitato ad un programma televisivo. Il papa, come qualcuno ha ironicamente (e acutamente) osservato, si è recato in udienza dal Fabio nazionale. D’altronde dopo Saviano e il Mago Forest, il papa non poteva mica essere da meno? E poi, vuoi mettere il gusto di partecipare ad una trasmissione che si chiama “Che tempo che fa”? Mai titolo fu più banale e ordinario…

E allora via all’intervista, annunziata a gran cassa come massimo esempio di umiltà e mitezza franceschiana. Un papa che si lascia intervistare da Fazio, dev’essere buono per forza, perché da Fazio si parla di buoni sentimenti, di ecologia, di rispetto, di immigrazione ed emarginazione. E papa Francesco allora ci sta come il cacio sui maccheroni (tanto per rimanere terra terra). E poi quale apertura mentale questo Santo Padre, che va ecumenicamente a parlare proprio da Fazio, dove la “valletta” Litizzetto non esita ad incalzare (e denigrare) la chiesa, ora sull’accoglienza degli immigrati, ora sulla questione dell’omosessualità. Non c’è che da rimanere stupiti (o sconcertati?).

Dunque, che avrà mai detto il Santo Padre in questa benedetta (si far per dire…) intervista? Il bello è che in realtà pare che nessuno l’abbia ascoltata. O quantomeno che nessuno abbia trovato il tempo per riportarne i contenuti. E per nessuno intendo i grandi media (Avvenire non conta… ho detto grandi media) che invece avevano fatto da cassa da risonanza dell’evento. Su internet si trova qualche articolo di critica, qualche sbavante incensazione, e poco altro. Qualcuno tenta di mettere in luce quanto detto dal regnante pontefice, in linea con quanto la chiesa da sempre esprime. Tuttavia i più hanno, correttamente, rilevato la peculiarità di un papa che va in televisione per essere intervistato. I contenuti dell’intervista, al pari degli altri eventi televisivi, sembrano essere già dimenticati il giorno dopo. Ciò che rimane, è appunto, il fatto.

Per non essere da meno, faccio anch’io coming out: l’intervista non l’ho vista né ascoltata. Avevo di meglio da fare (10 ore di sonno sono impareggiabili). Mi sono limitato a leggere qualche nota critica ex post, e qualche commento sagace ex ante. Ma allora, mi si opporrà, come fai a parlarne, non avendola vista? L’eccezione potrebbe sembrare anche puntuale, se non che parte da un errore di fondo: a nessuno interessa(va) cosa veramente avesse da dire papa Francesco. Quello che interessava, e in tal senso è stato messo in risalto, era la sua partecipazione al programma faziesco. Il messaggio, a ben vedere, risiedeva nella presenza stessa del pontefice al programma. Di quello che aveva da dire papa Francesco, aldilà di qualche frase banale riportata dai media (… la guerra è brutta), a nessuno interessava.

Una intervista ammantata di mistero (sarà in diretta o registrata? Il papa sarà collegato da remoto o andrà in studio?), annunziata urbi ot orbe quasi a voler alzare il livello di interesse per l’evento, evidentemente basso. Ed infatti, molto di più se ne è parlato prima, che dopo. A dimostrazione che dei contenuti (indipendentemente dal valore degli stessi) poco o nulla importasse. Il papa intervistato da un conduttore televisivo (peraltro su una rete televisiva un tempo nota come “teleKabul”) come un quisque de populo, ecco la novità, l’Evento (con la E rigorosamente maiuscola) quasi rivoluzionario. Il contenitore diventa contenuto. Il messaggio è dove vado, con chi parlo, non cosa dico.

Dunque, in tale prospettiva, anch’io sono assolutamente legittimato a parlarne, perché è sul piano comunicativo (e non religioso) che dev’essere inquadrato l’evento (con le e rigorosamente minuscola).

E il messaggio è semplice e chiaro: la figura del papa degradata a mero ospite televisivo, uno dei tanti. Siamo passati dal papa re al papa comparsa.

Il disegno è chiaro. La desacralizzazione della figura del papa e di conseguenza della Chiesa. Il che è certamente coerente con chi, da sempre, tesse le proprie trame per distruggere la Chiesa. E’ meno lecito, a ben vedere, se a farlo è il papa. La banalizzazione della figura del pontefice parrebbe costituire il leit motiv del pontificato di Bergoglio e dei suoi lacchè. A partire da quel “Buona sera”, proclamato solennemente dalla finestra nel marzo del 2013, alle telefonate a sorpresa a casa dei fedeli (forse concluse con un “Buon pranzo”?), le comparsate mediatiche del papa argentino hanno avuto un unico risultato (involontario?): sminuire la figura del papa, de-romanizzarlo, eliminarne ogni residuo di sacralità e trascendenza. Il papa è mostrato come uno di noi, uno del popolo, non più come re.

Ed ecco, coerentemente, il papa che invece di risiedere negli appartamenti vaticani, se ne va a dormire nella più umile domus Santa Marta. Eccolo a tavola con gli amici che ride e mangia spensierato: due bordolesi aperte e bottiglie d’acqua di plastica (ma la sua amica Greta che dirà?). Ecco il papa che da solo si porta la sua valigetta di pelle nera, come un qualsiasi agente di commercio (con tutto il rispetto per gli agenti di commercio). Ecco il papa che se ne va a comprare un disco di musica nel negozietto di quartiere, rigorosamente in cinquecento. Eccolo al negozio di ortopedia per comprarsi un bel paio di scarpe ortopediche (rigorosamente nere, che forse sono più eleganti…). Parrebbe quasi di aspettarselo la mattina a prendere il caffè al bar sotto casa: “A Francè allora, che lo voi semplice o macchiato?”, oppure dal salumiere (“Santo Padre sono due etti e trenta, che faccio lascio?”).

Tutto conduce alla farsa, alla riduzione a macchietta. Il papa sminuito a opinionista, la sua persona equiparata a quella di un cantante del momento. Oggi il papa, domani magari il dalai lama. Che differenza c’è? Trovo, a caso, su internet un titolo significativo: “A un Che tempo che fa 2021/22: anticipazioni puntata 6 febbraio 2022, ci sono Papa Francesco e Mahmood e Blanco”. Capito l’antifona? E allora che c’è di meglio per sentirsi alla pari, che ne so, di un Gigi Marzullo de noartri, di partecipare a Che tempo che fa? L’anno prossimo si spera San Remo…

Una quotidianità ostentata (e accuratamente documentata e propagandata), da cui ne esce una figura banalizzata, che sembra rifuggire da ogni sacralizzazione che lo status imporrebbe. Niente inchini e baci alle mani, via la pompa, cerimoniali ridotti all’osso. Il papa mostrato nella sua quotidianità per sminuirne la funzione sacrale e per accentuarne la quotidianità. Il papa inter pares con il pizzicagnolo e il rapper. Un papa che piace alla gente che piace.

Che poi, in tutta onestà, a qualcuno questa “carrambata” sembrerà normale, qualcun altro dirà, con fare snobista, che non c’è nulla da stupirsi. Qualcuno si sfregherà le mani… Ma a noi si stringe il cuore, e la rabbia è pari solo all’umiliazione che proviamo.

Un caro amico, anch’egli indignato, mi ha scritto un messaggio: “Il Papa va ospite da Fazio a dire che il male della Chiesa è lo spirito mondano… un vero paradosso!”.

Un banalissimo paradosso. Come questo pontificato.

 

Ascanio Ruschi