"...O morto giovinetto,
anch'io
presto verrò sotto le zolle
là dove
dormi placido e soletto...
Meglio venirci
ansante, roseo, molle
di sudor,
come dopo una gioconda
corsa di
gara per salire un colle!
Meglio
venirci con la testa bionda,
che poi
che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò
co' bei capelli a onda tua madre...
adagio,
per non farti male.
Mi vennero in
mente questi versi de "L'Aquilone" di Giovanni Pascoli quando mi
annunziarono la morte di mio nipote Gaddo... diciottenne, aveva appena
iniziato l'ultimo anno di Liceo, " quando non intesa,quando non
vista" sopra di lui si chinò improvvisa "la Morte
con la sua lampada accesa"...
Già, Gaddo
non ebbe il conforto, nei giorni dell'agonia, del padre - mio fratello
"Gigetto" era scomparso in un tragico incidente stradale, quattordici
anni prima, a 33 anni - non gli mancò, invece, la carezza della sua mamma
su "i bei capelli a onda", quella carezza ultima che
sembra voler affidare l'anima e il corpo all'eternità.
Ma Giacomo
Bonacchi, trentacinque anni, Giacomino, "Il Piccino", come veniva
chiamato in casa, deceduto ieri, dopo mesi di dolorosa agonia,
affrontati con la forza di un leone, non ha potuto stringere la mano della
sua mamma - Graziella De Matteis in Bonacchi è morta prematuramente, in pochi
giorni, nel 2009, colpita da un male "cattivo", lo stesso che, poi,
si è accanito sul figlio - mentre Piero, il padre, assisteva sgomento al
compiersi di questa tragedia, "crocifisso", per il dolore, su una
carrozzina.
E così
Giacomino se n'è andato, circondato dalle premure dei suoi fratelli: Cecilia,
Federico, Alessandro e Tommaso e dall'affetto dei suoi nipoti e degli altri
parenti, non ultimo quello dei fratelli della mamma Graziella : Felice,
Maria e Chiara...dei cugini, degli amici... e poi, dopo l'ora dell'abbandono,
viene quella del raccoglimento...
"E
allora - scrive Nino Salvaneschi - ci sentiamo soli,
disperatamente soli...la vita fa paura (...)il letto diventa nemico. Tutti
sono andati via...Soli con i pensieri, soli con i timori (...) "Mio Dio,
mio Dio, perché mi hai abbandonato? "
(...)In
verità Dio non abbandona mai...ha sofferto anche per questo momento di dubbio e
di paura...bisogna perdersi senza speranza per ritrovarsi nella fede"
Cerchiamo
dunque di "addomesticare" la morte e di affidarci ai ricordi facendo
rivivere nella nostra mente e nei nostri cuori il tempo e le persone care; io
non avrei riconosciuto, incontrandolo, Giacomo, eppure con la sua scomparsa -
negli ultimi mesi cercavo di interrompere velocemente le frequenti conversazioni
telefoniche con il suo zio Felice De Matteis, perché, parlando del nipote e
della sua lunga agonia, si commuoveva, sentivo i singulti nella sua voce,e
anche a me veniva da piangere - sembra che anche a me si sia spezzato il filo
della vita, per dirla col Poliziano : " E morte il filo di mia
vita ispezza"
Felice ed io
avremmo potuto scrivere - si parva licet componere magnis - le
"Vite parallele": nell'anno degli esami di Maturità eravamo
"inseparabili"...un' amicizia che dura, ininterrottamente, senza
tentennamenti, da oltre cinquanta anni, un'amicizia che ha visto anche la
storia delle nostre famiglie intrecciarsi nelle alterne vicende della
vita.
Dalle nottate
trascorse, davanti ad abbondanti thermos di caffè (oltre allo studio passavamo
le notti a "sognare" una società "a misura d'uomo", come
dicevamo allora) "ripassando" le pagine antologiche, - e com'eran
belli i classici da Catullo a Tibullo, da Cesare ad Orazio,da Sant'Agostino a
San Girolamo - cercavamo di imprimere nella nostra mente e nei nostri cuori i
più bei florilegi di quei testi, come quello di S. Agostino preso dalle
"Confessioni" "Quia fecisti me ad Te et inquietum est cor
nostrum donec requiescat in te" (l'ho fatto scolpire sulla tomba della
mia mamma) e l'altro, l'apocrifo agostiniano di padre Perico: "Se
mi ami non piangere" che Felice ha messo sul suo profilo di face book
per annunziare la morte del nipote...e ambedue - ma Felice era molto più
bravo - componevamo versi poetici "in rima", prendendoci gioco
dei tanti poetastri che, non conoscendo la metrica, imbrattavano e
imbrattano tuttavia tanti fogli, in versi sciolti, credendo di essere
novelli Ungaretti o Quasimodo...
Il sabato il mio babbo ci accompagnava , in macchina,da Borgo alla Villa de "Gli Ochi" dove trascorrevamo, lontani dal paese e dalle "tentazioni", due giorni di studio...oppure il dottor De Matteis, un distinto signore del Sud, Direttore dell'Ospedale di Pistoia, ci accompagnava, nella casa estiva dei De Matteis, sull'Appennino pistoiese, nella silenziosa Piteglio...("speriamo - diceva - che la montagna vi ispiri ...e che vi venga davvero la voglia di studiare...")
Ma a me
dispiaceva lasciare il villino di viale Policarpo Petrocchi e soprattutto la
compagnia dei suoi residenti e, soprattutto, quella della signora Elsa,
dolcissima e amabile, Dama dei Gruppi della "Beata Maria Cristina"
detta 'a Santa, la Regina di Napoli, madre di Francesco II, con la quale
discutevo e mi confidavo volentieri, e Graziella, simpaticissima, sempre
allegra e arguta, rispettivamente, la nonna e la mamma di Giacomo...la mamma e
una delle sorelle di Felice.
Felice ed io
avevamo le stesse "radici", culturali e politiche,e,seppur con
sfumature diverse votavamo per la Destra; lui, che era (ed è) un
"puro", un uomo coraggioso e coerente, che rappresentò il partito
della fiamma, allora, quando molti si "nascondevano", nei tempi
difficili della contestazione sessantottarda prima e degli Anni di Piombo, poi,
quando si rischiava davvero la vita; dirigente del partito che fu del
grande Arturo Michelini; consigliere comunale a San
Marcello Pistoiese dove insegnò per anni (lessi lo scorso anno su "La
Nazione" la lettera di un suo ex alunno che lo ricordava con affetto)
quindi a Pistoia, unico consigliere di Destra...
Dicevo che fu
un "puro", talmente puro da non sopportare alcune cialtronate dei
dirigenti toscani di quel partito, rifiutando poi - posso ben dirlo - un sicuro
seggio al Senato, e lasciandolo a uno dei tanti "servi" : "Perché
- mi diceva - io con quella gentaglia, con i Girella, non voglio avere
nulla a che fare" ripetendomi i versi del Giusti : "e
buon sarà per me / se nella mia vita intera/ potrò dire d'aver meritato un
sasso/ con sopra scritto : non cambiò bandiera "
Mi chiamò a
Pistoia nel 1970, per una conferenza sui problemi della famiglia che tenni al
Circolo San Pio X...prima della conferenza mi portò a "trovare" sua
sorella Graziella che si era sposata con Piero Bonacchi, e che aveva avuto una
figlia, Cecilia...che, quando arrivai, stava allattando. Fu per me una gran
gioia.
Da quel
momento anche Piero - che poi sarà sempre accanto a Felice (Cice) nelle sue
battaglie politiche - divenne un carissimo amico... e fu con noi quando, sempre
invitato da "Cice", chiusi, con due comizi,- insieme ai Presidi
Romoli e Monteleone - la campagna elettorale del referendum
"contro" il divorzio prima a Cutigliano e, poi, a Piteglio....con il
passare degli anni, dopo la triste sconfitta del referendum, più volte tornai a
Pistoia, a cominciare dalla presentazione, presso il caffè Valiani, del libro
"Non sono un teologo" del cappellano militare Mons. Luigi Stefani e
sempre una visita alla casa di viale Petrocchi e una alla casa di Piero e
Graziella, benedetta da Dio, perché ogni volta trovavo un ragazzo in più: dopo
Cecilia, Federico, Tommaso, Alessandro e Giacomino..come usava una volta nelle
famiglie cristiane.
E poi,
l'indissolubilità, nel dolore, delle nostre famiglie...la morte di mio fratello
Luigi e quella di Graziella, la sorella di Felice...la morte di mio nipote
Gaddo e quella del nipote di Felice, Giacomo.
Non sono andato ad accompagnare Giacomo all'estrema dimora tra i "poveri morti, soli / nei muti camposanti", ma quel ragazzo l'ho sentito e lo sento vicino, insieme alla sua mamma, quando per lui recito le mie preghiere e ieri sera all'ora in cui, padre Terenzio ha celebrato per lui, "ad memoriam", la S. Messa in latino, nel rito romano antico, la Messa della Chiesa, la Messa cattolica, la Messa di sempre e di tutti, sembrava che Giacomo mi sorridesse divertito per la mia polemica.
Da tempo
ormai - e non solo per i "mali" che da due anni si sono abbattuti su
di me - non partecipo ai funerali, dove tanti preti melensi, che, insieme alla
talare hanno gettato alle ortiche la fede, hanno profanato e profanano tuttavia
la sacralità della morte, trasformando quell'ultimo rito, un tempo solenne e
tremendo ("Dies irae, dies illa/ Solvet saeculum in favilla:/ Teste
David cum Sybilla/") in una Kermesse cialtrona, con tarantelle,
schitarrate e musiche tribali, dove perfino il nero è stato abolito, come
colore liturgico, perché...fa paura, e dove vanno verso il cielo inutili
palloncini colorati da fiera paesana, invece delle nuvole dell'incenso bruciato
davanti al Signore.
Ai morti non
manchino le nostre preghiere, non manchi questa giaculatoria:
Siete
stati come noi,
noi saremo
come voi,
pregate
Gesù per noi,
noi lo
pregheremo per voi,
Iddio vi
dia la pace e il riposo
nel Santo
Paradiso. Amen
Ti
assicuriamo le nostre preghiere, Giacomo, e anche tu non dimenticarci.
PUCCI
CIPRIANI
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