lunedì 11 novembre 2019

LA VERITA' SULLA PIMENTAL FONSECA E IL GIACOBINISMO A NAPOLI

Cari amici,
Il quotidiano "La Verità" (che caldamente raccomandiamo ai nostri lettori) è divenuto per noi un simbolo, un distintivo di anticonformismo in questo squallido panorama di asservimento a un regime "rosso" che, con un "golpe" si è insediato e sta torturando gli italiani.
Per questo motivo siamo rimasti molto male quando, la scorsa settimana, è stato pubblicato un articolo "antistorico" sul Regno di Napoli e sulla dinastia Borbone intriso del più vieto giacobinismo da sempre utilizzato dalle sinistre nostrane per demonizzare il popolo napoletano.
Pensiamo di fare cosa gradita ai nostri lettori nel pubblicare la lettera che lo storico e scrittore professor Gennaro De Crescenzo ha inviato al Direttore de "La Verità".
Pucci Cipriani

PS: Ciascuno di voi potrà scrivere a "La Verità" in difesa della Tradizione del popolo Duosiciliano lettere@laverita.info oppure "La Verità" Via Vittor Pisani, 28 - 20124 Milano





Gentile direttore,
conoscendo il suo giornale e i suoi lettori (diversi sicuramente quelli cattolici e tradizionalisti) ci ha sorpreso molto l'intera pagina dedicata a Eleonora Pimentel de Fonseca secondo gli schemi della storiografia e della retorica giacobina più diffusa soprattutto nei salotti della sinistra radical-chic italiana spesso ostile (più o meno come nel 1799) agli interessi e ai sentimenti del "popolo basso".
 La "pasionaria napoletana", infatti, secondo l'articolista Alessandra Necci, sarebbe stata "vittima della vigliaccheria Borbone" (frase ambigua anche dal punto di vista grammaticale) e sarebbe stata impiccata ma (è scritto nello stesso articolo) anche decapitata.
 Al di là  della forma e al di là di una cristiana pietà  per i protagonisti di quelle tragiche vicende, però, nell'articolo mancano molte verità. Manca il racconto di quello che realmente fu il 1799 a Napoli: in cinque mesi di repubblica napoletana francesi e giacobini (altro che "ideali libertari") massacrarono oltre sessantamila napoletani/meridionali di parte cristiana e borbonica e lo attesta il generale Thiébault nelle sue memorie ("Napoli era un immenso campo di sterminio, tutto fu bruciato") e lo attestano tante cronache del tempo o stampe e quadri come quello di Taurel con il popolo incalzato dalle truppe transalpine, donne, bambini e preti calpestati.
 Oltre ottomila quelli massacrati nei tre giorni dell'arrivo dell'esercito francese grazie all'aiuto dei giacobini ("donna Eleonora" in prima linea) che cannoneggiarono il (proprio) popolo dal forte di Sant'Elmo.
 "Traditori della patria napoletana, pronti ad aprire le porte allo straniero" . li definirà lo stesso (repubblicano) Giuseppe Mazzini (manoscritto presso il Museo del Risorgimento di Roma). E sia Mazzini che il generale francese Championnet definirono "eroi" i popolani napoletani difensori di Dio, Patria, Re e Famiglia così come in Spagna pittori come Goya definirono eroici i popolani difensori della Spagna contro lo stesso esercito francese (nei "Disastri della guerra" il ritratto di corpi straziati). E allo stesso modo dovrebbero essere definiti i "controrivoluzionari" veneti o toscani e del resto dell'Italia e dell'Europa.

Per non dire delle opere d'arte già  timbrate e avviate in lunghe carovane verso Parigi, compreso "tutto ciò  che è¨ stato trovato o sarà  trovato sotto gli scavi di Pompei" (bando del commissario dell’ esercito francese  Faypoult). Quella repubblica nata contro i valori cristiani, "alberi della libertà " al posto delle Croci, tradizioni e valori offesi e cancellati, iniziò nel sangue e finì nel sangue con le condanne di un centinaio di quei famosi "martiri" giacobini che - secondo le leggi applicate in tutto il mondo a quel tempo - purtroppo furono condannati a morte,  ma da oltre due secoli sono celebrati (a differenza di quei popolani) con strade, piazze, scuole, saggi, film e romanzi magari belli e romantici ma tutt'altro che corretti ed imparziali sul piano storiografico.
 E continuano magari ad essere celebrati con intere paginate di giornale che ignorano l'altra storia e fonti diverse, elementi che un giornale spesso alternativo alla cultura "ufficiale" come “La Verità”  non dovrebbe ignorare.

Prof. Gennaro De Crescenzo

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