giovedì 4 maggio 2017

Il Papa a Barbiana dopo la visita di Bertinotti e Veltroni

«Era l'anno 1967, tre o quattro giorni dopo la morte di don Lorenzo Milani, e mi trovavo con Monsignor Bianchi, allora vescovo ausiliare di Firenze e con altri sacerdoti che con me celebravano il venticinquesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale, a Roma, in San Pietro, in una cappella adibita, con tendaggi, a sala di ricevimento, alla presenza di Sua Santità Paolo VI. Ricordo benissimo la scena. Il Papa è appena entrato, Mons. Bianchi gli va incontro insieme ai sacerdoti, Monsignore gli si mette alla destra e noi dintorno, io mi trovavo proprio di faccia al Papa. Le prime parole che Mons. Bianchi rivolse al Papa furono queste: "Santità, ha saputo? E' morto don Milani". Il Papa a questo punto congiunge le mani, alza gli occhi al cielo ed esclama: "Speriamo bene!" con un timbro di voce come se dubitasse della salvezza stessa di quest'anima.
Tutti rimasero stupefatti e pensierosi. Certamente il Papa conosceva don Milani per averne letti gli scritti e perché il Cardinal Florit, allora arcivescovo di Firenze, gliene aveva parlato, non solo, ma raccomandato (come mi ha confermato Mons. Bianchi) perché inviasse del denaro a don Milani, già malato di leucemia, per procurarsi le medicine costose che doveva far venire dagli Stati Uniti, non essendoci in Italia tali specialità.
Perché rivelo un tale episodio? Non è forse della pietà cristiana parcere sepulto e abbandonare all'infinita misericordia di Dio chi ormai è nell'altra vita?
E' che si prende a pretesto ogni data e ricorrenza, per parlare ed esaltare questo sacerdote e, dispiace dirlo, per presentarlo addirittura...come sacerdote obbedientissimo e Santo, quasi canonizzabile, tanto da chiedergli perdono per l'incomprensione delle autorità ecclesiastiche di allora: il cardinal Florit, Mons. Giovanni Bianchi, Vicario Generale, il Cardinale Ottaviani, Prefetto del S. Uffizio, che condannò il primo dei libri scritti da don Milani: "Esperienze pastorali", i reverendissimi padri della "Civiltà cattolica" che scrissero un articolo di severa condanna del suddetto libro, escludendo, s'intende, dal numero il Cardinale Elia Dalla Costa, che invece fu proprio quello che rimosse dalla parrocchia di San Donato don Milani, che non voleva andarsene, minacciando perfino di rimuoverlo con il braccio secolare (altro che obbediente) ed inviandolo nella parrocchia di Barbiana. Fu lo stesso Cardinal Dalla Costa che nei decreti inviati al nuovo parroco di San Donato Santacatterina, dopo la visita pastorale fatta alcuni mesi dopo la partenza di don Milani, prescriverà al parroco queste raccomandazioni: "Usi ogni industria perché sia cancellato il ricordo del recente passato a tutti noto", e al parroco che si lamentava per l'archivio spogliato e tante altre difficoltà rispondeva: "Ringraziamo il Signore che è andato via. Ricominci tutto da capo."
Tutto questo è stato scritto dal Cardinal Elia Dalla Costa e non da altri.»

Sac. don Mario Faggi (+ giugno 2015), "Testimonianze su don Milani",
in "Controrivoluzione" del novembre-dicembre 1992


Ecco ho voluto riportare la testimonianza di don Mario Faggi, decano del clero fiorentino, scomparso in tarda età nel giugno del 2015; questo scritto del caro amico scomparso sembra davvero una voce "profetica" nel senso che, su don Milani, aveva visto lontano....e avevamo visto lontano anche noi. Del resto che si volesse fare di questo personaggio una sorta di Santo rivoluzionario era già nell'aria. Mons. Betori, mentre nel duomo di Firenze si levò un alto brusio di disapprovazione, durante i funerali del Card. Piovanelli, portò, come esempi di virtù cristiane non solo il Milani ma anche l'ex Presidente del Tribunale dei Minori di Firenze Giampaolo Meucci, anche lui defunto e grande amico e sodale di don Lorenzo Milani. E non solo di don Lorenzo Milani ma anche dei suoi seguaci, fondatori del Forteto che, come leggiamo su "Controrivoluzione":

«è una comunità fondata a fine anni settanta a Vicchio... Il fondatore Rodolfo Fiesoli, detto "il profeta", e Luigi Goffredi, l'ideologo. La loro idea, poggiata su le filosofie di Don Milani, è quella di istituire una cooperativa agricola nella quale fare vivere le "famiglie" in armonia. Grazie alle benevolenze di politici, magistrati, assistenti sociali, ben presto arrivano i primi bambini dati in affidamento alle "famiglie" del Forteto. Fiesoli già nel 1978 viene arrestato per abusi sessuali. A metterlo agli arresti è Carlo Casini, magistrato poi divenuto deputato ed eurodeputato DC-UDC ... Giampaolo Meucci, il Presidente del Tribunale dei Minori e grande amico di don Milani fa in modo che tutto vada nel vuoto... in pratica i bambini del Forteto venivano portati a fare sesso con i "genitori" affidatari dello stesso sesso: una sorta di pseudo incesto omofilo. Fiesoli il vero dittatore della Comune, gode di una primizia sessuale sugli efebi che vi vivono. I bambini vengono disconnessi totalmente dalle famiglie di origine, vengono sfruttati in turni di lavoro massacranti, battuti, umiliati pubblicamente in allucinanti riti di autocritica. Tutto per la costruzione della "famiglia funzionale", ossia l'utopia fortetiana di una famiglia slegata da quella che Fiesoli e Goffredi chiamano la "materialità". Se pensate che si tratti anche qui di un rigurgito cataro-gnostico, siete in buona compagnia. Il Forteto è a tutti gli effetti... un lager pedofilo.
... Il Forteto prospera grazie a finanziamenti regionali, la connivenza di moltissimi – e famosissimi – politici, la connivenza di magistrati, la connivenza di una porzione immensa di un partito (il PCI - PDS - DS - PD) nel suo distretto più caldo, la connivenza di ogni apparato di potere, compreso l'editore felsineo (c'est-à-dire, prodiano) il Mulino che nonostante indagini e condanne pubblica almeno tre libri (1200 pagine in tutto) di inni all'esperienza del Forteto. E proprio uno di questi libri ebbe la prefazione del medievista toscano Franco Cardini.»

Cfr. Roberto Dal Bosco in "Controrivoluzione", n. 124, Anno XXVII, Gennaio-Aprile 2016


Ma a queste complicità vorremmo aggiungere anche il silenzio (quello lì, davvero assordante) della Chiesa fiorentina, e la responsabilità morale di Giampaolo Meucci che, nonostante le denunzie, i processi, le condanne, inviava al Forteto "carne fresca" che sarebbe stata "usata" dai luridi pedofili. Per rendersi conto di quello che è stato (ed è tuttavia, in quanto nonostante le condanne pesanti del tribunale non si intende commissariare questo lager criminale) basta leggere il libro: Il Forteto. Destino e catastrofe del catto-comunismo (Edizioni Settecolori). Leggetelo e se arriverete fino in fondo vedrete che si aprirà una porta paurosa sull' inferno. Il curatore del libro è il fiorentino Stefano Borselli il Direttore del raffinato e prestigioso sito "Il Covile": cercatelo su Internet per comprendere il mondo del cattodonmilanismo: incesti, violenze su handicappati, zoogamia, l'ordine dell'omofilia obbligatoria e il divieto della procreazione: tutto riscontrabile nei verbali del tribunale delle forze dell'ordine.
Torniamo a noi: don Mario Faggi racconta quell'episodio della visita papale ma non aveva letto ancora la famigerata lettera del priore di Barbiana al suo amico e biografo Giorgio Pecorini...la leggerà più tardi e ne parlerà anche durante le sue omelie, come possono testimoniare anche alcun i miei amici – alcuni anche di osservanza "milaniana" – che, con me, assistevano alla S. Messa di don Mario Faggi, il sabato pomeriggio, nella chiesa di Cafaggiolo. Insomma se, in qualche modo, anche il nome di don Milani viene collegato al Forteto – oltre alle testimonianze del Fiesoli e compagni che si sono sempre dichiarati amici e seguaci di don Lorenzo Milani e della sua "esperienza" – è per quella lettera pubblicata dallo stesso Giorgio Pecorini "vate milaniano":

«Caro Giorgio... Quei due preti mi domandavano se il mio scopo finale nel fare scuola fosse nel portarli alla Chiesa o no o cos'altro mi potesse interessare al mondo nel far scuola se non questo. E io come potevo spiegare a loro così pii e così puliti che io i miei figli li amo, che ho perduto la testa per loro, che non vivo che per farli crescere, per farli aprire, per farli sbocciare, per farli fruttare? Come facevo a spiegare che amo i miei parrocchiani più che la Chiesa e il Papa? E che se un rischio corro per l'anima mia non è certo quello di aver poco amato, ma piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!). E chi non farà scuola così non farà mai vera scuola ed è inutile che disquisisca tra scuola confessionale e non confessionale, è inutile che si preoccupi di riempire la sua scuola di immaginette sacre e di discorsi edificanti perché la gente non crede a chi non ama ed è inutile che tenti di allontanare dalla scuola i professori atei (...) E chi potrà mai amare i ragazzi fino all'osso senza finire per metterglielo anche in culo se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l'inferno e desideri il paradiso?»

Cfr. Lettera di don Milani a Giorgio Pecorini, in Giorgio Pecorini:
Don Milani! Chi era costui?, Baldini e Castoldi, Milano 1996, pp. 386-391


Dunque, per quanto riguarda la figura di don Milani, i suoi collegamenti con "Il Forteto", la sua presunta Santità questa lettera che abbiamo trascritto appare rivelatrice. Essa è stata riportata all'attenzione recentemente oltre che dal sottoscritto da un numero della rivista online "Il Covile" (Anno XV, 18 novembre 2015, n. 878, p. 2). e chiosata così nel "Dizionario essenziale del pensiero pericoloso" a cura di Barra - Iannacone - Respinti:

«Come ha giustamente scritto lo studioso Ermini, circa il brano che si può leggere sopra ignoriamo se don Milani abbia vinto quelle tentazioni, e lo si spera, per i ragazzi che furono affidati alle sue cure. Il documento è comunque inquietante, sintomo di una mentalità o di una ideologia che da allora ha fatto molta strada. Già allora prima del Concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965) al quale si attribuiscono mali che già erano entrati nella Chiesa, la vigilanza contro la pederastia si era allentata. Don Milani è oggi percepito da chi lo ricorda, lo legge, lo studia, come un'icona del periodo della contestazione e del "vento di rinnovamento" che corse nella società, nella scuola e nella Chiesa durante gli anni sessanta.»

Voce: Milani Lorenzo in "Dizionario del pensiero pericoloso", pp. 449-440,
a cura di Gianpaolo Barra - Mario A. Iannaccone - Marco Respinti, Ed. IdA)


Ora possiamo, forse, meglio capire i dubbi di Paolo VI su Don Milani e capire meglio anche l'inopportunità di tante affermazioni a dir poco avventate dell'arcivescovo Betori di Firenze come quella dell'inadeguatezza di Florit (un cardinale martirizzato dalla contestazione milaniana e isolottiana a Firenze) e sulla inopportunità della "censura" del S. Uffizio di allora sulla censura" all'opera donmilaniana. Possiamo anche comprendere meglio la nauseante papolatria e –scusatemi il termine ma ormai siamo in tema – il leccaculismo di tanta parte del clero e il servilismo della quasi totalità della carta stampata sulla figura del Guru di Barbiana. Quello che si comprende meno è la disinvoltura con cui Bergoglio prende certe decisioni o fa certe affermazioni o compie tali gesti che tolgono ogni "sacralità" e credibilità alla Santa Chiesa... come quello di non inginocchiarsi di fronte a Nostro Signore ma di prostarsi davanti agli idoli siano essi la statua dell'eretico -porco Lutero, sia il vescovo rosso Helder Camara, siano gli islamici o don Milani. Uccide più il ridicolo che la spada.
Per cui ho tolto dal mio pezzo il titolo che avevo messo "Compagni di merende" che avevo trovato riferendomi a Rodolfo Fiesoli, il boia stupratore e criminale de "Il Forteto" e coloro che hanno permesso che si recasse a fare il chierichetto durante la S. Messa in una chiesa fiorentina, come potrete vedere dalla sequenza di foto che pubblichiamo. Altrimenti sarei caduto anch'io nella volgarità, nel ridicolo... insomma avrei fatto come quel parroco del mio paese don Maurizio Tagliaferri che, ora, dopo aver vuotato le chiese, aggredisce la gente, al grido di "compagni di merende" con il rischio di passare – e questo mi addolora trattandosi di un uomo consacrato – e solo lui, non altri ti può rimettere i peccati e darti il Cristo, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità – per lo scemo del villaggio.


Pucci Cipriani



GALLERIA DI IMMAGINI










Nessun commento:

Posta un commento