martedì 19 settembre 2017

Sul "Dialogo tra credenti e non credenti"

"Pasquinata" dello storico Niccolò Capponi:

"Convegno di Assisi", grandi titoli di testa
dei quotidiani, in più con l'aggiornata lista
dei protagonisti, assai famosi e tanti,
a osannare Cecco, che dice "vai avanti".
Spiccano i crocioni sul petto dei prelati,
sobri, di semplice metallo... e uncinati.
N.C.

Mentre a Borgo San Lorenzo, venerdì scorso 15 settembre 2017, si stava presentando, di fronte ad un pubblico che si può considerare davvero eccezionale, il bel libro che eleva al cielo, curato dalla nostra Cristina Siccardi, L'Arte di Dio (vi prego di visitare il sito www.artedidio.it) edito da Cantagalli, con il contributo dei più bei nomi della Cultura Occidentale (vedere sopra), ad Assisi, dal 14 al 17 settembre, si è tenuto un Convegno dei "laici"di Bergoglio dal titolo: "Dialogo tra credenti e non credenti" (c'è da domandarsi dove stiano i credenti!)  che ha chiamato a raccolta gli esponenti del cattocomunismo, del veterocomunismo e del leccaculismo italico: da Umberto Galimberti a Giuseppe Giulietti e Corrado Formigli, dallo storico filomusulmano e donmilanmeuccista Franco Cardini al rag. Enzo Bianchi e Rula Jebroel (anche lei un’intellettuale?), da Romano Prodi e Ignazio Visco a Ermete Realacci, dal fotografo menagramo Oliviero Toscano a Giafar al Siqilli (ovvero l'apostata Pietrangelo Buttafuoco che ha pubblicamente rinnegato il Santo Battesimo per passare all'Islam) e Andrea Riccardi... e via contando. Insomma tutte persone di spiccata fede cristiana, tutte persone – anche se non cristiane come l'apostata sopra citato – che hanno a cuore la Santa Chiesa come io ho a cuore la situazione dei lombrichi del Burundi...
Non si sa se ridere o piangere. Tra questi nomi ne spicca uno di un intellettuale serio e che non ha mai praticato l'arte del leccaculismo: Marcello Veneziani. Ce ne dispiace: pensiamo che, in buona fede, si sia trovato in mezzo a questa marmaglia per dare la sua testimonianza di cristiano e di anticonformista.
Ma c'è da farsi una domanda: "Cui prodest?" a chi giova mettere il proprio nome accanto a quello di gente nemica acerrima e militante della Chiesa e dell'Occidente, a gente prona di fronte al Moloch Rosso a novanta gradi, come le pecorine della Brambilla (chi sa perché non sia stata invitata anche lei e il suo partito "animalista"!).
Per misurare la crisi e l'apostasia della Chiesa leggete i nomi dei "laici" del Papa partecipanti a questo Convegno e poi andate a leggere i nomi di coloro che hanno dato il loro contributo a L'Arte di Dio. Insomma da "L'Arte di Dio" a "L'Arte di Satana".
Leggo su facebook un commento alla  notizia del Convegno di Assisi: "Quella è gente che resta sempre a galla. Tirate lo sciacquone".

 Pucci Cipriani

lunedì 18 settembre 2017

ARTE DI DIO E ARTE DI SATANA

Venerdì 15 settembre 2017, a Borgo San Lorenzo (Firenze) si svolto – di fronte a un grandissimo pubblico, tra cui tanti, tanti giovani e giovanissimi e alla presenza del M. Giovanni Gasparro  – un Convegno, patrocinato dal Comune del Capoluogo Mugellano e promosso dal mensile "Radici Cristiane", dalla casa editrice Cantagalli e dal Circolo "La Terrazza" di Ronta, sulla presentazione del libro curato da Cristina Siccardi L'Arte di Dio (Cantagalli) – scritto con il contributo dei più bei nomi della Cultura Occidentale: Filosofia (Corrado Gnerre, Giovanni Turco), Teologia (Don Jean-Michel Gleize, FSSPX), Storia (Roberto de Mattei), Lingua latina (don Roberto Spataro, salesiano), Storia e Critica dell'Arte (Roberto Natali, Antonio Paolucci, Vittorio Sgarbi, Christine Sourgins), Letteratura (Martin Mosebach), Architettura (Piercarlo Bontempi, Andrea De Meo Arbore), Pittura (Giovanni Gasparro), Scultura (Daphné Du Barry), Musica (Monsignor Vincenzo De Grogorio, Mattia Rossi), Teatro (Pier Luigi Pizzi), Sociologia delle Religioni (Pietro De Marco); oltre ai contributi del Cardinal Domenico Bartolucci, p. Michel Uwe Lang, Riccardo Muti – a cui hanno partecipato la stessa curatrice del libro professoressa Cristina Siccardi (autrice, tra l'altro, di molte importanti biografie tra cui quella su San Giovanni Bosco, san Pio X, Monsignor Marcel Lefebvre, ecc.),  il Diacono del Duomo di Firenze Alessandro Bicchi, Vicedirettore dell'Ufficio Arte Sacra e beni Culturali Ecclesiastici, Incaricato Inventario e Tutela Beni Ecclesiastici dell'Arcidiocesi di Firenze, Carlo Manetti, Docente Universitario.
Prima degli oratori ufficiali ha portato il saluto il Consigliere Comunale di Borgo San Lorenzo Patrizio Baggiani  che ha ringraziato i tanti presenti, le autorità, gli autori e ha portato il saluto del Vicario Episcopale per il Clero dell'Arcidiocesi di Firenze Mons. Giancarlo Corti, quindi la dottoressa Cristina Becchi, Assessore alla PI e alla Cultura, ha definito "l'Arte Sacra" come: "Bellezza, Messaggio di Fede ed elevazione dello Spirito" come si evince anche dal libro.
La curatrice del volume, professoressa Siccardi,  ha detto che "Di fronte a un'arte che spesso non sa più parlare  a Dio e di Dio, per la prima volta viene proposto un Simposio tra intellettuali artisti capace di rispondere – ha continuato la Siccardi – ad alcune importanti domande come: l'Arte contemporanea è ancora in grado di dare Gloria Dio? È capace di avvicinare i fedeli in maniera adeguata al Cristianesimo? Conta o non conta la bellezza nell'arte sacra e nei riti liturgici? Che cosa comunicano di sacro le Chiese moderne? Esiste una pedagogia catechetica nei nuovi edifici di culto? Bambini e adulti entrando nelle chiese odierne trovano ambienti adatti per il raccoglimento, la preghiera, l'elevazione dell'anima? Com'è possibile che la committenza ecclesiastica chiami ad operare architetti o artisti distanti dai concetti di bellezza e sacralità?"
Domande a cui rispondono, da par loro, gli artisti che hanno dato il loro contributo al libro e che Cristina Siccardi ha riassunto portando alla luce la tremenda crisi dell'arte e, in particolare, di quella sacra ma, nello stesso tempo, evidenziando che a differenza di quanto preconizzavano e auspicano i filosofi Hegel e Nieztscke: "Dio come l'Arte non sono morti: questa è la vana illusione dei desiderata dei senz'Arte e dei senza Dio. L'Arte Sacra del passato è contemporanea all'uomo di oggi, che spesso non sa più leggerne gli apparati simbolici e iconografici, ma forse, più che mai, vi trova sollievo, pensando che esiste una dimensione soprannaturale e, nel farlo, rimembra la sua coscienza".
Sono seguiti gli interventi di Alessandro Bicchi che, rifacendosi ai Padri della Chiesa, ha ricordato il concetto greco di bellezza e Carlo Manetti ha messo magistralmente in evidenza i motivi filosofici e teologici della crisi della crisi dell'arte e in particolare dell'arte sacra.
Ha moderato il giornalista Pucci Cipriani  Direttore di "Controrivoluzione" (www.controrivoluzione.it)

Ascanio Ruschi










lunedì 11 settembre 2017

Presentazione "L'Arte di Dio" di Cristina Siccardi a Borgo San Lorenzo (venerdì 15 settembre 2017)

Venerdì 15 settembre 2017, alle ore 21:00, a Borgo San Lorenzo — Saletta "Pio La Torre" Via Giotto, davanti alla Misericordia — per iniziativa del Circolo "La Terrazza" di Ronta, della Casa Editrice Cantagalli e del mensile "Radici Cristiane", con il patrocinio del Comune di Borgo San Lorenzo, verrà presentato il volume curato da Cristina Siccardi: "L'Arte di Dio. Sacri pensieri, profane idee" (ed. Cantagalli). Dopo il saluto dell'Assessore alla Cultura e alla PI del Comune di Borgo San Lorenzo Cristina Becchi e del Consigliere Comunale Patrizio Baggiani, interverranno la curatrice del libro Cristina Siccardi, storica e scrittrice; Alessandro Bicchi, Diacono nel Duomo di Firenze, Vicedirettore dell'Ufficio Arte Sacra e Beni Culturali Ecclesiastici, Incaricato Inventario e Tutela Beni Ecclesiastici dell'Arcidiocesi di Firenze; Carlo Manetti, Docente Università private. Coordinerà gli interventi Pucci Cipriani, giornalista. Sarà presente il Maestro Giovanni Gasparro con l'opera "Salvator mundi", originale della copertina del libro. 
Il libro L'Arte di Dio. Sacri pensieri, profane idee (Cantagalli) — pagg. 456, con un inserto iconografico a colori (pagine fuori testo), Euro 29,00 — secondo la prof.ssa Cristina Siccardi, storica e scrittrice — autrice, tra, l'altro, per le Edizioni Paoline, di una biografia su San Giovanni Paolo II —  pone alcune domande, in questo saggio, che risulta essere un vero e proprio Simposio tra intellettuali e artisti: "L'arte contemporanea è ancora in grado di dare gloria a Dio? E' capace di avvicinare i fedeli in maniera adeguata al Cristianesimo? Conta o non conta la bellezza nell'arte sacra e nei riti liturgici? Che cosa comunicano di sacro le chiese moderne? Esiste ancora una pedagogia catechetica nei nuovi edifici di culto?".  In questo Simposio rispondono a tale e alle altre domande della dottoressa Siccardi ventidue personalità, fra le più importanti personalità della Cultura italiana e del panorama internazionale: i Professori Corrado Gnerre e Giovanni Turco (Filosofia), Don Jean - Michel Gleize (Teologia), Prof. Roberto de Mattei (Storia), il salesiano Prof. Don Roberto Spataro (Lingua latina), i Professori Antonio Paolucci, Antonio Natali, Vittorio Sgarbi, Christine Sourgins (Storia e Critica d'Arte), Prof. Martin Mosebach (Letteratura), gli Architetti Pier Carlo Bontempi, Andrea De Meo Arbore (Architettura), Maestro Giovanni Gasparro (Pittura), Madame Daphné du Barry (Scultura), Mons. Vincenzo De Gregorio, Dottor Mattia Rossi (Musica), Maestro Pier  Luigi Pizzi (Teatro), Professor Pietro De Marco, Sociologia delle Religioni.
Nell’appendice del volume sono presenti: il Grande Cardinale borghigiano Domenico Bartolucci, Maestro Perpetuo della Cappella Sistina, il migliore compositore di Musica Sacra del XX Secolo; il Maestro Riccardo Muti; l'Oratoriano Padre Michael Lang, che già avevano denunziato le scelleratezze architettoniche, aniconiche, liturgiche e musicali in altri contesti e che sono qui abilmente riproposte.





Per gentile concessione dell’Editore Cantagalli, pubblichiamo alcuni estratti dei contributi presenti nel volume curato da Cristina Siccardi:

La fine dell’architettura religiosa e della pittura religiosa: non è che esse abbiano tradito un principio, è che non c’è più un’esigenza che lo richieda

con Vittorio Sgarbi


Lei ha criticato aspramente «il delirio di onnipotenza di quasi tutti gli architetti contemporanei che dagli anni Settanta in poi seminano bruttezza. Sono credente e ho sempre considerato la religione cristiana il fondamento della nostra civiltà, perciò non posso restare in silenzio davanti all’eliminazione dal punto di vista morfologico di elementi costitutivi per quindici secoli degli edifici sacri quali la cupola e la volta. Elementi-simbolo del paradiso» (G. Galeazzi, Che brutta l’architettura sacra contemporanea, in «Vatican Insider - La Stampa», 6 novembre 2012). Può chiarire la sua posizione critica nei confronti dell’edilizia sacra progettata dagli anni Settanta ad oggi?
Alcuni elementi tipologici fondamentali che determinano la libertà sul male, al di fuori di ogni codice e da ogni indicazione spaziale, sono praticamente rappresentati dal fatto che dall’architettura religiosa, realizzata negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta, Novanta fino a Fuksas mancano la volta e la cupola: la cupola è il Cielo, la volta è la dimensione che sta sopra alla testa degli uomini. Mancano sia le forme architettoniche, sia gli affreschi, sia le decorazioni che accompagnavano quelle forme curvilinee e quindi è evidente la volontà di interrompere le tipologie verticali, come nel Gotico; le cupole e le volte nel Rinascimento: la simbologia che tali elementi hanno rispetto ai valori religiosi e ai valori celesti è stata eliminata nella decadenza e nella fine dell’architettura religiosa, la quale non ha più una morfologia riconoscibile. Si è deciso di rinunciare al Cielo, di rinunciare alla presenza di quello che sta sopra di noi; quindi si procede attraverso stilemi meccanici, che servono magari per contenere persone, come potrebbe essere un teatro… ma teatro è già molto. Essi sono niente!
Sono l’idea di un architetto che chiama chiesa un contenitore totalmente privo di elementi morfologici che lo connettano alla presenza di Dio […].

Che cosa pensa degli “adeguamenti liturgici” che sacrificano gli impianti decoratovi preesistenti nei presbiteri delle nostre chiese antiche, com’è accaduto nella cattedrale di Reggio Emilia, con l’adeguamento curato da padre Andrea Dall’Asta SJ con opere di “arte povera”?  
Gli “adeguamenti liturgici” li considero scellerati perché hanno prodotto gli effetti inauditi della cattedrale di Reggio Emilia. Amboni, balaustre, altari vengono rivoluzionati in nome di questi adeguamenti. Si sono arrogati il diritto di buttare giù degli altari perché voltavano le spalle ai fedeli… ma il direttore d’orchestra continua a voltare le spalle al pubblico, affinché la musica arrivi nel migliore dei modi alle persone. La Messa rivolta ai fedeli, tentativo di dialogo goffo, sbagliato, zoppo, finisce con il paradosso di «scambiatevi il segno di pace» con le mogli, i parenti, gli amici… è una forma confidenziale grottesca rispetto a quella ieratica, quella indicata da papa Ratzinger in un libro sulle riforme degli altari; in esso sostiene che il sacerdote che volta le spalle è il primo fedele rivolto a Dio, che sta ad est. Il sacerdote non volta le spalle, ma conduce i fedeli, guida come il condottiero, come il direttore d’orchestra. L’idea che volti le spalle a Dio per parlare con gli uomini è una bestemmia, è un’eresia legata ad una follia di finto dialogo che non ci sarebbe fra Dio e l’uomo e fra l’uomo e Dio, ma che ci sarebbe fra l’uomo e l’uomo, voltando le spalle a Dio. Il sacerdote assume, in tal modo, un ruolo determinante, invece che essere determinato alla presenza di Dio.

(pp. 127-133)




Dio è il pittore, la nostra fede è la pittura,
i colori sono la Parola di Dio, il pennello è la Chiesa
con Giovanni Gasparro

Quali sono, secondo Lei, le ragioni per cui il Cristianesimo ha perso aderenza nei confronti dell’arte sacra?
Nella contemporaneità, il concetto di bellezza è stato depauperato del suo afflato trascendente e del suo valore ontologico, riducendolo ad un vacuo sentimentalismo meramente estetizzante che spesso asseconda le tendenze suggerite da contesti à la mode. In ispecie, in molte città europee, le arti sacre e l’architettura sacra contemporanea, appaiono come traslazioni figurate dei dettami modernisti (funzionalisti e razionalisti) del Bauhaus, se non di false religioni orientali o protestanti, ed ancora mutuate dalle teorie spiritualistiche del XIX e del XX secolo. Come non identificare certe forzature formali se non in una sensibilità figlia delle teorizzazioni antroposofiche di Rudolf Steiner e teosofiche di Helena Blavatsky? Se questo è acclarato per Piet Mondrian che non si è occupato d’arte liturgica, probabilmente può essere esteso anche ad Henri Matisse (almeno negli aspetti formali) per la sua Chapelle du Saint-Marie du Rosaire a Vence in cui disegnò persino i paramenti sacerdotali. Lo stesso valga per lo scultore Giacomo Manzù (il quale resta comunque un ottimo artista, in altri contesti creativi) con la sua Cappella della Pace, concepita per l’uso privato di Monsignor Giuseppe De Luca ed alla morte del committente, nel 1962, destinata alla comunità religiosa di Sotto il Monte, alla memoria di Giovanni XXIII. Il patriarca di Venezia Roncalli, divenuto pontefice, era amico di Monsignor De Luca, mediatore della Curia romana con esponenti politici e persino con l’Unione Sovietica. […]
Il processo evolutivo delle arti sacre del Cattolicesimo ha avuto sempre un vigore rinnovatore, ma all’interno degli argini delle esigenze catechetiche, liturgiche e devozionali che hanno garantito l’aderenza dei manufatti artistici ai canoni ecclesiali. Questa particolarità evolutiva dei linguaggi artistici ha prodotto opere fortemente diversificate esteticamente, ma tutte armoniche e funzionali al soggetto Chiesa. Si pensi ai mosaici di Ravenna, Pesaro e Venezia, agli stucchi del Serpotta a Palermo, agli affreschi aretini di Piero della Francesca piuttosto che ai teleri monumentali di Tiziano e Tintoretto, alle vetrate di Chartres o ai pavimenti intarsiati del duomo di Siena; opere sovente sedimentate nel medesimo edificio sacro, in tempi diversi, ma in perfetta armonia. Lo stesso valga per i differenti stili architettonici.
Nella Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla liturgia, promulgata dal Concilio Vaticano II, leggiamo che: «La Chiesa non ha mai avuto come proprio un particolare stile artistico, ma, secondo l’indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari riti, ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli, un tesoro artistico da conservarsi con ogni cura. Anche l’arte del nostro tempo e di tutti i popoli e paesi abbia nella Chiesa libertà di espressione, purché serva con la dovuta riverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti. In tal modo essa potrà aggiungere la propria voce al mirabile concerto di gloria che uomini eccelsi innalzano nei secoli passati alla fede». Questa estrema libertà che la Chiesa ha sempre offerto agli artisti e con essi ai committenti ecclesiastici, nel post-concilio, bisogna riconoscerlo, partendo dalla Sacrosanctum Concilium, soprattutto nella frase «Ecclesia nullum artis stilum veluti proprium habuit», è stata interpretata come un nulla osta alla rottura ed al sovvertimento dei connotati identitari dell’arte e dell’architettura sacra cattolica. Le questioni volutamente non definite che mantengono una certa ambiguità verbale, lasciano intendere cose diametralmente opposte, demandando alla libera interpretazione anche ciò che non può essere lasciato all’arbitrio; questo è il caso della Sacrosanctum Concilium in cui è insito il germe della rottura con la Tradizione, reo di aver determinato la nascita di tanta arte sacra triviale. Sbaglierebbero, comunque, quanti attribuissero al solo Concilio Vaticano II tutte le responsabilità. Già prima del Concilio si intrapresero opere di demolizione simili agli “adeguamenti liturgici” attuali […]. Il modernismo condannato con vigore da San Pio X logorava la Chiesa sommessamente almeno dal XVIII secolo. Il Concilio Vaticano II ed il post-Concilio hanno esplicitato ciò che era sotteso. Nel pre-Concilio Vaticano II, il susseguirsi dei secoli non ha depauperato il fulcro del linguaggio artistico cristiano, non ne ha inficiato l’ethos, lo ha solo declinato alle esigenze espressive del momento. Per questo ci può essere progresso vero nelle arti (soprattutto sacre) solo se c’è un giusto equilibrio fra innovazione e tradizione. Oggi, invece, si sono abbandonate proprio le prerogative fondamentali (talvolta inconsapevolmente), creando opere d’arte “sacra” che appaiono come manifestazioni gnostiche del solipsismo soggettivista, scegliendo l’opzione aniconica, rigettata dalla Chiesa sin dalle origini, a scapito della figurazione, qualità stilistica che il Cattolicesimo ha ritenuto imprescindibile in tutta la sua storia bimillenaria […].

(pp. 216-219)


La riflessione di…

Domenico Bartolucci


Maestro Bartolucci, ben sei papi hanno assistito ai suoi concerti. In quale di loro ha trovato maggior sapienza musicale?

In Benedetto XVI. Suona il pianoforte, è un profondo conoscitore di Mozart, ama la liturgia della Chiesa e di conseguenza tiene in somma considerazione la musica. Anche Pio XII l’amava molto e spesso suonava il violino. La Cappella Sistina deve poi moltissimo a Giovanni XXIII. Da lui nel 1959 ebbi l’approvazione per il progetto di ricostituzione della Sistina che purtroppo, anche a causa della malattia del precedente direttore Lorenzo Perosi, era in condizioni precarie: non aveva più un organico stabile, un archivio musicale, né una sede. Allora si ottenne la sede, si congedarono i falsettisti e si definì l’organico dei cantori con i relativi stipendi; finalmente si poté anche istituire la scuola dei ragazzi. Poi venne Paolo VI, ma lui era stonato e non so quanto apprezzasse la musica.

Perosi, il cosiddetto rifondatore dell’oratorio italiano?
Perosi era un autentico musicista, un uomo impastato di musica. Ebbe la fortuna di dirigere la Sistina ai tempi del Motu Proprio sulla musica sacra che voleva giustamente purificarla dal teatralismo di cui si era imbevuta. Poteva dare un nuovo impulso alla musica di Chiesa, ma purtroppo non aveva una conoscenza adeguata della polifonia palestriniana e delle tradizioni sistine. Del canto gregoriano poi affidò la direzione al vice maestro! Le sue composizioni liturgiche spesso sono state d’esempio per lo stile superficiale del cecilianesimo, lontano da quella perfetta fusione tra testo e musica.

Perosi faceva il verso a Puccini…
Ma il lucchese era un uomo intelligente. E poi i suoi “fugati” erano ben superiori a quelli del tortonese.

In qualche maniera Perosi è stato l’antesignano dell’attuale volgarizzazione della musica sacra?
Non proprio. Oggi nelle chiese sono di moda le canzonette e lo strimpellio delle chitarre, ma la colpa è soprattutto delle idee sbagliate di pseudo intellettuali che hanno creato questa degenerazione della liturgia e quindi della musica, travolgendo e disprezzando l’eredità del passato e credendo di ottenere chissà quale bene per la gente. Se l’arte della musica non torna alla grande arte, non ad un accomodamento o a un sottoprodotto, non ha alcun senso interrogarsi sulla sua funzione per la Chiesa. Io sono contro le chitarre, ma anche contro la faciloneria della musica ceciliana: più o meno è la stessa zuppa! Il nostro motto deve essere: torniamo al canto gregoriano e alla polifonia palestriniana e proseguiamo su questa strada!

Quali sono le iniziative che Benedetto XVI dovrebbe prendere per realizzare questo disegno, in un mondo fatto di discoteche e ipod?
Il grande repertorio di musica sacra che ci è stato consegnato dal passato è costituito dalle messe, dagli offertori, dai responsori: prima non esisteva liturgia senza musica. Oggi colla nuova liturgia questo repertorio non ha più spazio, è una stonatura, inutile illudersi. È come se Michelangelo per il giudizio universale avesse avuto a disposizione un francobollo! Mi dica lei come è possibile oggi eseguire un Gloria o addirittura un Credo. Per prima cosa dovremmo tornare, almeno per le messe solenni e per le feste, a una liturgia che dia spazio alla musica e che si esprima nella lingua universale della Chiesa, il latino. In Sistina, dopo la riforma liturgica, ho potuto mantenere vivo il repertorio tradizionale della Cappella solo nei concerti. Pensi che la Missa Papæ Marcelli di Palestrina non si canta più in San Pietro dai tempi di Papa Giovanni! Ci fu concesso benignamente di eseguirla per l’anno palestriniano e la volevano senza il Credo, ma quella volta fui irremovibile e si eseguì tutta.



(Appendice, pp. 416-418, Intervista esclusiva di Riccardo Lenzi de «L’Espresso» al maestro Domenico Bartolucci, in S. Magister (a cura di), [http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/72901], 21 luglio 2006)

martedì 5 settembre 2017

Cristina Siccardi: “La Chiesa, responsabile di un dialogo scellerato con il mondo”

“L’Arte di Dio. Sacri pensieri, profane idee” è il nuovo stimolante  libro scritto e pubblicato dalla scrittrice ed autorevole storica  della Chiesa Cristina Siccardi, intervistata da La Fede Quotidiana.



Che cosa l’ha spinta a progettare e scrivere questo testo?

“Dopo anni di plateale distruzione dei canoni iconografici tradizionali negli edifici di culto e di osservazione di chiese brutte e prive di sacralità e dopo aver preso in esame le problematiche ad ampio spettro insorte dopo il Concilio Vaticano II, ho pensato che fosse giunto il momento di interpellare intellettuali, docenti, critici d’arte, esperti, architetti ed artisti per ragionare insieme su come sia stato possibile giungere alle derive artistiche attuali, dove non esiste neppure più l’ombra del sacro e, allo stesso tempo, sia ancora e con dignità possibile dare gloria a Dio, creando luoghi idonei al Suo culto. Da questo progetto è stato realizzato un vero e proprio Simposio, poi traslato in volume, compendio di arte sacra che l’Editore Cantagalli ha accolto con grande interesse.Il volume L’Arte di Dio. Sacri pensieri, profane idee, che ha già dato vita al sito www.l’artedidio.it, per avviare un percorso di verità al fine di mascherare illusioni e menzogne all’interno dell’arte sacra, vuole essere, oltre ad una denuncia del brutto e del deforme, proprietà utilizzate esclusivamente nella religione cattolica e non in altre religioni che mantengono le tradizioni stilistiche loro proprie (si pensi all’Islam, all’Ebraismo, all’Induismo, al Buddhismo…), anche una piattaforma per una critica costruttiva, come dimostrano gli architetti e gli artisti che abbiamo interpellato, testimoni e interpreti di bellissima arte sacra, più viva che mai, a fronte di un’arte della bruttura e della morte”.

Che cosa è accaduto nell’arte sacra?

“La nostra civiltà, che offende ogni giorno le sue radici cristiane, a partire dalle stesse gerarchie ecclesiastiche, ha perso il senso del sacro e utilizza l’arte profanatoria per far diffondere concetti contrari alla dottrina cattolica. Prendiamo, per esempio, il caso della tragica pittura muraria La resurrezione dei morti, che si trova sulla controfacciata del Duomo di Terni. Al centro della scena si trova Cristo, che ascendendo al Cielo trasporta con sé due reti cariche di persone, fra queste sono rappresentati prostitute, spacciatori, malavitosi, omosessuali e transessuali e nulla di loro dimostra conversione: dannati, quindi, meritevoli del Paradiso? L’opera venne realizzata nel 2007 dal pittore argentino Ricardo Cinalli – che ha dichiarato: “nella mia Risurrezione anche gay e trans vanno in cielo” – : questo il vangelo soggettivista di Cinalli, ma il Vangelo di Gesù Cristo è un altro: dalla porta stretta del Paradiso passano soltanto coloro che si pentono e cambiano vita. Questa Risurrezione fu commissionata dall’allora vescovo di Terni Monsignor Luigi Paglia, oggi arcivescovo e presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e dal parroco Don Fabio Leonardis, allora direttore dell’Ufficio beni culturali della diocesi e segretario della Consulta regionale per i beni culturali ecclesiastici. Insomma, il sacrilegio non è soltanto dell’artista, ma è avallato  dagli stessi committenti.

Chi sono coloro che hanno risposto alle sue sollecitazioni?

“Il Simposio coinvolge molti esperti, noti a livello sia nazionale che internazionale e appartengono a diversi ambiti disciplinari ed artistici: per la Filosofia, Corrado Gnerre e Giovanni Turco; per la Teologia, don Jean-Michel Gleize FSSPX; per la Storia, Roberto de Mattei; per la Lingua Latina, Don Roberto Spataro SDB; per la Storia e critica dell’Arte, Antonio Natali, Antonio Paolucci, Vittorio Sgarbi, Christine Sourgins; per la Letteratura, Martin Mosebach; per l’Architettura, Piercarlo Bontempi, Andrea De Meo Arbore; per la Pittura, Giovanni Gasparro; per la Scultura, Daphné Du Barry; per la Musica, Monsignor Vincenzo De Gregorio, Mattia Rossi; per il Teatro, Pier Luigi Pizzi; per la Sociologia delle religioni, Pietro De Marco. Il volume si chiude con una Appendice che riporta le riflessioni, già rese pubbliche in altri contesti, di Jean Clair, Riccardo Muti, Padre Uwe Michael Lang CO, Cardinale Domenico Bartolucci”.

Perché ha scelto il titolo L’Arte di Dio. Sacri pensieri. Profane idee?

“Perché esiste l’Arte di Dio ed esiste, oggi, un’arte dell’uomo che si fa Dio, interpretando a proprio uso e consumo l’arte, distantissima dai canoni della bellezza e della sacralità che si convengono nei luoghi di culto. Le chiese non sono semplici luoghi di riunione per pregare, come accade per i protestanti, ma vere e proprie dimore di Dio, Bene Sommo, Bellezza Somma, Pienezza Somma: perché, dunque, da diversi decenni le Sue dimore vengono progettate con parametri dove emergono la bruttezza, l’informe, l’aniconico, il gelido? Spazi dove non è possibile raccogliersi in meditazione, vuote come sono di sacralità? Sono scatole fredde, garage, aziende, hangar… non certo chiese cattoliche. Le chiese antiche rimangono chiese per sempre, quelle progettate dalle archistar come un Fuksas (pensiamo al cubo di Foligno) o di un Piano (pensiamo al Santuario di San Pio da Pietrelcina di San Giovanni Rotondo) non sono chiese neppure per l’età contemporanea, e tutti  i fedeli se ne avvedono, tranne coloro che hanno sposato le logiche del mercificazione dell’arte, abbracciando in tal modo le idee profane e calpestando i sacri pensieri”.

Perché nel nostro tempo è diminuito il senso del sacro e quali responsabilità ha la Chiesa?

“Il senso del sacro è diminuito proprio a causa della Chiesa, responsabile di un dialogo scellerato con il mondo: ha così tanto dialogato con esso da essere stata infettata dal suo paganesimo. Filosofi come Kant, Hegel,Nietzsche; teologi come Rahner, Teilhard de Chardin, de Lubac hanno intossicato il pastorale Concilio Vaticano II, che ha trasportata la Chiesa alla deriva attuale. Gli adeguamenti liturgici compiuti da 50 anni a questa parte sono la dimostrazione della perdita della fede, pensiamo, un esempio su tutti, alla nascosta riserva eucaristica che ha sostituito il tabernacolo al centro degli altari: posto d’onore per il Corpo di Cristo, centro della Santa Messa. Oggi il centro è l’assemblea, la comunità. Segni e simboli visibili sono determinanti nella religione cattolica, toglierli significa rinunciare alla fede per dare rilievo all’antropocentrismo.Soltanto la fede cattolica è iconica. Protestanti, musulmani, ebrei sono antifigurativi e la Chiesa attuale ha scelto di vendersi e omologarsi a quest’ultimi. Che cos’è l’arte sacra se non l’espressione plastica della fede? Ma è proprio la fede la posta in gioco. Afferma il grande critico d’arte Jean Clair, che non può certo essere considerato cattolico: «Temendo di essere accusata di attentare alla libertà d’espressione, a differenza dei musulmani e degli ebrei la Chiesa non si azzarda a denunciare il sacrilegio. Anzi, sorprendentemente, la Chiesa cattolica è tentata di considerare queste forme estreme della creazione artistica come testimonianze di un sacro adatto ai nostri tempi, al punto di diventare un attore di questo strano commercio». Come il sacerdote dà le spalle a Dio, rivolgendosi all’assemblea, così dalle chiese moderne si è tolta la cupola e la volta, proprio come sostiene Vittorio Sgarbi nel libro: «la cupola è il Cielo, la volta è la dimensione che sta sopra alla testa degli uomini. Mancano sia le forme architettoniche, sia gli affreschi, sia le decorazioni che accompagnavano quelle forme curvilinee, e quindi è evidente la volontà di interrompere le tipologie verticali […] Si è deciso di rinunciare al Cielo quindisi procede attraverso stilemi meccanici, che servono magari per contenere persone, come potrebbe essere un teatro… ma teatro è già molto. Essi sono niente!».

Da storica della Chiesa che bilancio stila del viaggio del Papa in Egitto?

“È stato un viaggio come gli altri, ecumenico e interreligioso. Papa Francesco ha rinunciato all’evangelizzazione, ovvero a portare il Vangelo a tutte le genti, affinché si convertano nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La Chiesa di anno in anno, a partire dal Concilio Vaticano II e in un crescendo sempre più acuto, ha rinunciato alla sua identità: non guida più il mondo, ma è guidata dal mondo; non è più interprete della Verità e testimone della Santissima Trinità, ma si fa annunciatrice di una religione pauperista di pace universale, dimentica che l’autentica pace inizia nell’anima di ciascun uomo grazie alla libertà portata da Gesù Cristo: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32); si è mischiata nella confusione babilonica dei nostri tempi, dominata, come affermava Benedetto XVI, dalla dittatura del relativism”.

Possibile parlare di crisi della fede?

“È talmente evidente, siamo di fronte ad una vera e propria apostasia. Si è completamente persa la dimensione soprannaturale del credo cristiano e la Chiesa, invece di occuparsi della sua mansione, ovvero la salus animarum suprema lex, si occupa di questioni politiche, demagogiche, sociologiche, abbandonando le anime alla più profonda confusione. È una Chiesa che si autodistrugge mentre fugge. Fuggono i fedeli, fuggono le vocazioni, fuggono i pastori per paura delle loro responsabilità e per vanagloria. Affermava san Gregorio Magno, come ricorda san Tommaso: «Dalla vanagloria nascono le stravaganze dei novatori» (S.Th, II-II, 10, 1, ad 3). Oggetto dell’ammirazione e del delirio passionale è il mondo moderno. Così la Chiesa dimentica la sua identità e lo scopo per cui Cristo l’ha edificata, umiliandosi, svilendosi e agonizzando ai lascivi piedi dei poteri forti. Ad oggi, i più che legittimi e sacrosanti Dubia dei quattro Cardinali, Brandmüller, Burke, Caffarra,Meisner, sul drammatico tema esposto nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia(la possibilità di dare la comunione ai divorziati risposati, minando il principio di indissolubilità coniugale, tesi che lascia il credente basito e smarrito) non hanno ancora ricevuto risposta da Francesco. È quella stessa Chiesa, attraverso la Cei, che boccia i progetti di vere chiese proposte da validi architetti a vantaggio di coloro che propongono edifici dissacratori”.

Bruno Volpe


Fonte: La Fede Quotidiana


Presentazione: "L'Arte di Dio: sacri pensieri, profane idee" di Cristina Siccardi

Venerdì 15 settembre 2017, alle ore 21:00, a Borgo San Lorenzo — Saletta "Pio La Torre" Via Giotto, davanti alla Misericordia — per iniziativa del Circolo "La Terrazza" di Ronta, della Casa Editrice Cantagalli e del mensile "Radici Cristiane", con il patrocinio del Comune di Borgo San Lorenzo, verrà presentato il volume curato da Cristina Siccardi: "L'Arte di Dio: sacri pensieri, profane idee" (Edizioni Cantagalli).
Dopo il saluto dell'Assessore alla Cultura e alla PI del Comune di Borgo San Lorenzo Cristina Becchi e del Consigliere Comunale Patrizio Baggiani; interverranno la curatrice del libro Cristina Siccardi (scrittrice e storica), Alessandro Bicchi (Diacono nel Duomo di Firenze, Vicedirettore dell'Ufficio Arte Sacra e Beni Culturali Ecclesiastici, Incaricato Inventario e Tutela Beni Ecclesiastici dell'Arcidiocesi di Firenze), Carlo Manetti (Docente Università private). Coordinerà gli interventi il giornalista Pucci Cipriani. Sarà presente il Maestro Giovanni Gasparro con l'opera "Salvator mundi", originale della copertina del libro.
Il libro "L'Arte di Dio: sacri pensieri, profane idee" (pagg. 456 con otto pagine a colori fuori testo, Euro 29,00) secondo la professoressa Cristina Siccardi — autrice, tra l'altro, per le Edizioni San Paolo, di una biografia su San Giovanni Paolo II — pone alcune domande, in un Simposio tra intellettuali e artisti: «L'arte contemporanea è ancora in grado di dare gloria a Dio? E' capace di avvicinare i fedeli in maniera adeguata al Cristianesimo? Conta o non conta la bellezza nell'arte sacra e nei riti liturgici? Che cosa comunicano di sacro le chiese moderne? Esiste ancora una pedagogia catechetica nei nuovi edifici di culto?»
 In questo Simposio rispondono a queste e alle altre domande di Cristina Siccardi ventidue personalità, forse le più importanti della Cultura italiana: i prof. Corrado Gnerre e Giovanni Turco (Filosofia), don Jean-Michel Gleize (Teologia), il prof. Roberto de Mattei (Storia), il salesiano prof. don Roberto Spadaro (Lingua latina), i prof. Antonio Paolucci, Antonio Natali, Vittorio Sgarbi e Christine Sourgins (Storia e Critica d'Arte), il professor Martin Mosebach (Letteratura), gli architetti Pier Carlo Bontempi e Andrea De Meo Arbore (Architettura), il Maestro Giovanni Gasparro (Pittura), Madame Daphné du Barry (Scultura), Mons. Vincenzo De Gregorio e il dr. Mattia Rossi (Musica), il Maestro Pier Luigi Pizzi (Teatro) e il prof. Pietro De Marco (Sociologia delle Religioni).

«In appendice — continua la curatrice de "L'Arte di Dio" — sono presenti, il Grande Cardinale borghigiano Domenico Bartolucci, Maestro Perpetuo della Cappella Sistina, il più grande compositore di Musica Sacra del XX Secolo, il Maestro Riccardo Muti, l'Oratoriano p. Michael Lang, che già avevano denunziato le scelleratezze le scelleratezze architettoniche , aniconiche, liturgiche e musicali in altri contesti e che abbiamo voluto qui riproporre.»