domenica 5 febbraio 2017

RICORDO DI PIETRO GOLIA! A CIVITELLA CON I VIVI E CON I MORTI!

Pietro Golia se n'è tornato lassù alla "Patria sua" come amava chiamare il Regno di Napoli, quel suo Regno tanto amato del quale manteneva vive le radici storico-culturali con convegni, feste, conferenze, eventi culturali, con la pubblicazione di libri con la sua associazione culturale e casa editrice Controcorrente ... ed era davvero un uomo controcorrente e ogni occasione era buona perché lui potesse "gridare" le ragioni della sua battaglia di una vita, per ribadire che i Borboni non sono stati una dinastia oscurantista e retrograda, come gli storici sabaudi e i loro successori hanno stabilito per legittimare quella pagina vergognosa e sanguinosa che fu la Conquista del Sud e che il Brigantaggio non fu un fenomeno criminale ma una resistenza popolare all'esercito piemontese invasore.
Sì, a Pietro Golia e alla sua casa editrice "controcorrente" si devono molti studi seri sul Brigantaggio; lui stesso è stato una delle "penne" — Pietro fu anche scrittore e giornalista — che riscoprì il "pensiero ribelle" contro la "cultura omogeneizzante delle multinazionali", come lui diceva.
Lo conobbi nel 1981, a sei mesi dal terremoto che devastò l'Irpinia e ampie zone della Campania con la città di Napoli quando, con Guido Giraudo, direttore responsabile di "Candido" — io ero vaticanista e inviato speciale di quel settimanale a grande tiratura — iniziammo una campagna giornalistica contro l'amministrazione del sindaco comunista Valenzi che, approfittando del terremoto, con l'appoggio dei media e dei partiti — non esclusa la Destra almirantiana — pronti al compromesso, cercò di cambiare la struttura sociopolitica della città, con la deportazione della popolazione del centro storico a Pianura.
Insomma anche Pietro Golia, allora a capo di una Radio libera, particolarmente ascoltata, a fianco di noi del "Candido", si battè contro la deportazione di decine di migliaia di napoletani fuori dal centro storico e dalla cinta urbana, secondo un progetto — studiato a tavolino dalla Giunta rossa di Valenzi — presentato come doveroso e ineludibile, di sapore illuministico e "Polpottiano", degli epigoni dei nobilastri giacobini di Napoli che nel 1799 si schierarono con la Rivoluzione e l'esercito francese contro la popolazione che resisteva con le armi.
Sì, fu una grossa battaglia la nostra — e Golia, prima restio, capì che era anche la sua battaglia — contro il progetto comunista e l'acquiescenza della cartilagine democristiana e della neutralità missina, che con la scusa di creare nuove e moderne aggregazioni urbane e civili in località e in comuni più qualificati e più interni della Regione, per (udite!) demolire finalmente: "le resistenze di quella cultura del sottosviluppo che viene utilizzata demagogicamente da forze avventuristiche ed eversive... (per ) la modificazione dell'attuale assetto ...".
In altre parole: ridisegnare, con la deportazione degli abitanti, l'assetto sociopolitico del centro storico e dei Quartieri dove la DC e, soprattutto, la Destra, avevano la maggioranza dei consensi.
Ricordo ancora i manifesti di “Controcorrente” e quelli del “Candido” con il "No alla deportazione.
 Ecco questo è il Golia che io rammento volentieri, come ricordo volentieri le sue numerose "puntate" a Civitella del tronto, dove, coaudiuvato dal fratello Carmine e dal fido Andrea Finocchito, portava le ultime sue novità librarie insieme a tanti altri libri della Tradizione... e qualche volta ci scontravamo, amichevolmente, sul senso dal dare alla parola Tradizione. E di fronte a un Pietro Golia "tollerante" tanto da mettere in vendita nel suo disordinato negozio dei vicoli di Toledo — un disordine creativo fatto da pile di tomi, da mucchi di giornali, cartoline commemorative, manifesti storici — alcune opere della falsa tradizione: Evola, Guenon, Alain de Benoist, e altri scrittori della "Nuova Destra" del GRECE, animalista, abortista, eutanasica, anticattolica e antiumana.
Ma erano discussioni, ripeto, amichevoli e passeggere perché a Pietro mi univano e ci univano innanzi tutto l'amore per la Terra del Sud, per il glorioso Regno delle Due Sicilie, per l'ammirazione verso i due ultimi sovrani Sofia e re Francesco II (Dio guardi), mi univa anche la sua passione "culturale" per il "campo dei ribelli" e per la cultura napoletana che ebbe i suoi aedi in francisco Elias de Tejada, Silvio Vitale e Pino Tosca; mi univa con Pietro anche il disprezzo per la Modernità; ricordo che lui mi diceva "Pucci io mi rifiuto di parlare con una macchina" e rifiutava di rispondere alla segreteria telefonica... e lo diceva a me che mi rifiutavo (fino a pochi anni fa) di imparare a usare il computer, restando fedele alla mia penna d'oca con il pennino d'oro e l'inchiostro stilografico. I nostri rapporti erano raramente telefonici, quasi sempre epistolari. E anche questo non è un dettaglio.
Quest'anno lo saluteremo, domenica 12 marzo 2017, "alla voce" durante l'Alzabandiera presso la Rocca della "Fedelissima" Civitella del Tronto e io lo rivedo ancora pensoso, passeggiare, pieno d'idee come un vulcano, per i vicoli della "nostra" Civitella, ora che ha preceduto alla "Patria nostra".

Pucci Cipriani


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