giovedì 25 gennaio 2018

XXXI INCONTRO DELLA "FEDELISSIMA" CIVITELLA DEL TRONTO - ETIAMSI OMNES EGO NON!

Venerdì 9, sabato 10, domenica 11 marzo 2018 XXXI INCONTRO DELLA TRADIZIONE CATTOLICA presso la "FEDELISSIMA" CIVITELLA DEL TRONTO. Il Convegno inizierà venerdì alle ore 18,30 con la celebrazione della S. Messa tradizionale e proseguirà, dopo la cena, con la Via Crucis per le strade di Civitella. Il sabato 10 marzo S. Messa ore 9:00 e ore 10:00 inizio dei lavori, con il canto del SALVE REGINA, fino alle 13:30. Nel pomeriggio alle ore 15:00 prosecuzione dei lavori fino alle 20:00. Canto del "CREDO". La domenica 11 marzo alle ore 10:00 S. Messa solenne in rito romano antico, ore 11:00 partenza della processione verso la Rocca della "Fedelissima", Alzabandiera con Inno Borbonico - Visita alla Roccaforte.



La mattina del 19 marzo 1861 Fra' Leonardo Zilli da Campotosto aveva portato, dopo la celebrazione della S. Messa, l'Ostia consacrata, insieme alle parole di conforto, ai soldati, sugli spalti della Roccaforte di Civitella del Tronto. E anche in quel 19 marzo 1861 i fuochi della notte illuminavano la Valvibrata... erano i "fuochi dei ribelli", come venivano chiamati dalla soldataglia piemontese i sudditi del Regno del Sud che così, sfidando gli ordini dell'esercito rivoluzionario schierato "a corona" in tutta la Valle, facevano sapere ai difensori della Roccaforte Borbonica che non erano soli e che i cuori della gente, di quella terra benedetta, battevano, all'unisono, per loro che combattevano — spes contra spem — la loro ultima battaglia per Iddio, la Patria e il Re, perché rifiutavano quella falsa libertà portata dai liberali giacobini : "che quando te la vengono a imporre con le baionette non è più essa"
Non furono i bombardamenti indiscriminati, non fu la fame né la sete, non fu la spossatezza a far cadere la Cittadella ma il tradimento di un Giuda, il Colonnello Ascione, compro dall'oro massonico, che, nottetempo, aprì le porte al nemico. Eppure erano stati respinti anche gli emissari di Re Francesco (Dio guardi!) che dispensava quei fedelissimi dal continuare la Resistenza dopo la resa di Gaeta, il 13 febbraio 1861 e quella di Messina, 12 marzo...ormai le Cancellerie di tutta Europa guardano a Civitella del Tronto con stupore e financo con ammirazione: infatti dopo la proclamazione della così detta "Unità d'Italia", di fronte a un immenso esercito, su quella Fortezza continua a sventolare la bianca bandiera borbonica con sopra i gigli dorati, ricamati dalla stessa Regina Sofia che, "per vie segrete", era stata fatta arrivare alla guarnigione. Per altri quaranta giorni, dopo la fine del Regno con la capitolazione di Gaeta, la sparuta guarnigione civitellese aveva tenuto testa a un intero esercito "imbestiato" da quella inaspettata Resistenza, perché quei soldati sapevano bene che quello era il loro dovere di servitori del Re e di uomini veri anche se la loro resistenza era "Senza speranza".
Chiunque avrebbe reso l'onore delle armi agli eroi di Civitella ma per loro era già stata decretata la morte. Il Maggiore Finazzi, ha avuto ordini precisi da quella "casta" di Generali "risorgimentali", ormai famigerati che, in nome degli ideali di "libertà e fratellanza", avevano messo a ferro e fuoco l'Aquilano, l'Ascolano e il Teramano... ancora eran fumanti le macerie di Pizzoli e Carsòli. E negli occhi dei "cafoni", dei montanari di quelle terre, della popolazione inerme, c'era ancora l'orrore dei saccheggi, degli stupri, delle violenze dei "liberatori" che avevano lasciato il segno a Casalduni e a Pontelandolfo, incendiando tutte le case con i loro abitanti (donne, vecchi e bambini) perché colpevoli di essere genitori o figli di "briganti" e coloro che fuggivano dal fuoco giacobino, venivano atterrati dai "gloriosi" bersaglieri, appostati in periferia, perché non vi fossero superstiti. Ma nessuno parla di queste infamie, di questa tremenda "Guerra civile".
Strani pudori quelli della storiografia "italica" che ricorda soltanto le rappresaglie delle SS tedesche contro le povere e inermi popolazioni italiane... ma si dimentica dei massacri dell'esercito piemontese "liberatore", scordandosi delle teste, quelle dei così detti "briganti" e dei loro familiari ("amici e manutengoli dei "briganti!), issate sulle picche dei rivoluzionari invasori al soldo della Massoneria inglese. Sì, come in Francia ai tempi della Rivoluzione. E, infatti, il Risorgimento italiano fu, davvero, la Rivoluzione italiana.
A calci e a colpi di moschetto i "capi" della Resistenza civitellese vennero portati in paese : il Tenente Messinelli che, fino in fondo, era stato con i suoi soldati, incoraggiandoli e confortandoli come fosse un fratello maggiore, Zopito di Bonaventura, "O' Generale de Franceschiello", il "brigante" che, lasciando la moglie e i figli, era venuto dentro le mura della Fortezza per difendere la propria terra e combattere gl'invasori giacobini e, infine, il francescano padre Leonardo Zilli da Campotosto, l'eroico cappellano e combattente "lealista" lui stesso che, ogni giorno, con la celebrazione della S. Messa, dava forza e motivazione ai soldati del Re Francesco (Dio guardi!).
Di quali colpe si erano macchiate queste persone se non di quella di aver "trasgredito le leggi di guerra" con una "iniqua, prolungata difesa"? Per loro che avevano scelto la "parte perdente" e la fedeltà alla Monarchia e al loro Re c'è la sentenza di morte con fucilazioni alla schiena come si usa con i traditori. : la sentenza di morte viene eseguita dietro la chiesa di San Francesco, a Porta Napoli, dove, ancora sono visibili sui muri i segni lasciati dalla fucileria piemontese. ll primo a cadere sotto il piombo sabaudo massonico è il Tenente Messinelli mentre guarda, come incantato, quella neve vergine che, sotto il sole tiepido della primavera, imbianca il Gran Sasso... poi Zopito di Bonaventura che ha messo sulla sua giubba la coccarda rossa borbonica. Il suo ultimo pensiero è per la famiglia, per la moglie Giacomina :

"O Giacomina vestita a lutto
o Giacomina in cappellino"

E poi è la volta di padre Leonardo Zilli da Campotosto. La sua fine ci vien raccontata da un testimone oculare, Elisabetta De Gregoris in Marcellini:
"Il plotone dei bersaglieri è con l'armi puntate. Padre Zilli da Campotosto si asciuga la fronte con una pezzuola che poi ripone con cura nella tradizionale manica del saio; guarda in alto come per cercare Dio. Ha chiesto al Maggiore Finazzi una grazia, quella di poter essere seppellito nella sua chiesa.
"No" replicò il Finazzi: "I briganti devono essere seppelliti sul luogo!"
Allo sparo che rimbomba stranamente il frate cade in avanti e il cappuccio — alzandosi — gli copre ora, in terra, tutta la testa.

"Christus vincit! Christus ragnat! Christus imperat!" avevano cantato, la sera del 19 marzo, i difensori della "Fedelissima" nella chiesa di San Jacopo. E quegli eroi si erano immolati "Per Iddio, la Patria, il Re" . O Signore, Dio degli eserciti, accogli quei prodi tra le tue braccia.

* * *

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiero in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!

(Danta - Purgatorio - Canto VI)

Siamo a fine anni Sessanta (il Sessantotto) e son passati più di cent'anni dall'ultima Resistenza di Civitella del Tronto, un eversivo vento infuria tremendamente su l'Italia e in tutta Europa e non soltanto in Europa : quella che un tempo veniva chiamata la "Civiltà Occidentale" sta scardinandosi, cadono, ad una ad una, tutte le difese e le "città fortificate" messe a guardia di questo patrimonio cristiano, si perdono i valori, non ci sono più princìpi; a sera nelle città, cortei studenteschi - le scuole sono state trasformate in bivacchi e le Università in postriboli dove si pratica il "libero amore" - attraversano le strade al grido di "Camerata basco nero/ il tuo posto è al cimitero" rivolti ai Crabinieri del Battaglione Mobile e, rivolti alla polizia, il grido scandito "PS = SS".
Contestano tutto e tutti questi ragazzacci che diverranno assassini; per loro è "Vietato vietare"....cominciano a far notizia (poi non la faranno più) i primi morti tra i poliziotti,tra i carabinieri,tra i ragazzi di Destra. Nelle Università c'è il "voto unico garantito", il "Todos caballeros", e i professori (i pochi che si rifiutano di recitare questa farsa) vengono sbattuti fuori dalla canaglia urlante...se qualcuno viaggia con in tasca un giornale di Destra viene sprangato come vengono sprangati (Sergio Ramelli docet) quegli studenti che hanno l'ardire di dichiararsi contrari alla "contestazione globale"...arriva il divorzio, l'attacco frontale alla famiglia, al quale seguiranno l'aborto,l'eutanasia, la droga libera (con la capziosa differenziazione tra "droga leggera" e "droga pesante"...quando si sa bene che ogni droga porta alla morte).Inizia allora quel cambiamento antropologico dell'uomo che ha, oggi, il suo culmine nei matrimoni contronatura e nel gender.
Questa Rivoluzione sessantottarda arriva dopo la 1° Rivoluzione che è il Potestantesimo, la seconda Rivoluzione che è la grande Rivooluzione francese, e quelle nazionali come il così detto Risorgimento italiano, quindi la terza Rivoluzione ovvero il Comunismo.Il Sessantotto è la Rivoluzione che durerà di più ("Lotta continua" era il nome del Movimento a cui aderivano le giovani canaglie della scuola), dunque la quarta Rivoluzione è quella peggiore perché è "in interiore hominis", nei costumi, nelle tendenze.E' il vecchio mondo che crolla : ma ci fu anche un altro Sessantotto, quello che il rosso Cardinal Suenes definirà "Il nostro Sessantotto, il Concilio Vaticano II"...e allora si vedranno sorgere le così dette Comunità di Base, la ribellione dei preti ai loro vescovi e dei fedeli ai sacerdoti...in molti casi le parrocchie e gli oratori (pensate che don Bosco voleva "l'Oratorio" perché i giovani si facessero Santi") diventeranno i "Covi" da cui partiranno i killer, i brigatisti rossi, giovani che cercavano la "Rossa primavera" e che avevano imparato la lezione dell'odio fin da ragazzi; dai robivecchi si trova di tutto: cotte, manipoli, stole, pianete, candelabri, reliquiari, reliquie e rocchetti, carte glorie e quadri...mentre viene estromesso il latino che era stata fino allora la lingua universale della Chiesa (e si badi bene il latino viene tolto prima dalla liturgia che dalle Scuole Statali), si afferma da molti pulpiti che "Dio e morto" e si insegna la religione come "Lotta di classe", mentre don Milani, il prete ribelle, il falso converso, proclamerà che "L'obbedienza non è più una virtù ma la peggiore delle tentazioni!"
Quella "Societas Cristiana" che, nonostante tutto, era sopravvissuta fino a tutti gli Anni Cinquanta, scompare e regnerà, come ai tempi del Terrore in Francia, il caos e...Satana camminerà in prima fila, davanti alle schiere della Rivoluzione.
Noi iniziammo nei Sessantotto la nostra "ultima battaglia" che ancora stiamo combattendo, in questo triste momento di aspostasia. L'abbiamo combattuta nelle scuole, negli uffici, nelle officine, nei posti di lavoro. Qualche sacerdote l'ha combattuta, in solitudine, nella propria parrocchia, additato come "reprobo".. Civitella allora rappresentò un simbolo : il simbolo più bello della Resistenza ad oltranza dove ci siamo, ogni anno, ritrovati e dove, tuttavia, ci ritroviamo per difendere i valori eterni della Santa Tradizione.
E sugli spalti di Civitella, di fronte al sacello dei caduti per il loro Re, prendemmo l'impegno di uomini veri, quello di non mollare facendo nostro il motto che la stessa Regina Sofia ricamò sulla bianca bandiera gigliata "Non mi arrendo!". Nel 1989 iniziarono i nostri Convegni e nacque l'ANTI 89 e tutti gli anni, sugli spalti della "Fedelissima" Civitella del Tronto, gli uomini della Tradizione, i vecchi e i giovani, si ritrovano per rinnovare il loro giuramento d'onore di fronte ai Martiri dove, ogni anno, viene celebrata la Santa Messa nel rito romano antico, la Messa di sempre e di tutti ( e anche questa è una grazia che abbiamo avuto grazie ai sacerdoti della benemerita Fraternità San Pio X rimasti sempre fedeli alla Tradizione).
Anche quest'anno, nel 2018, a cinquant'anni precisi dalla Rivoluzione del Sessantotto, ci ritroveremo nella "Fedelissima Civitas" per dare questa nostra testimonianza di amore e di fede, sicuri che, altri, un giorno riceveranno il testimone, per tramandare a loro volta quello che noi abbiamo saputo trasmettere "Tradidi quod et accepi"

Pucci Cipriani



Nessun commento:

Posta un commento