Il borgo fortificato di Civitella
del Tronto sorge a circa 600 metri slm, e la sua antica fortezza domina la
valle del Salinello e del Vibrata. Montagne impervie, ancora boscose e poco
abitate, proteggono la valle verso nord e ovest. Solo verso il mare i monti
degradano in colline, gli abitati sono più frequenti, e i segni della civiltà
rurale testimoniano una identità fortemente legata al territorio. Siamo quasi
al confine con le Marche, ma in terra di Abruzzi. Terra contadina, di confine,
da sempre contesa (in rapporto di complementarità e simbiosi) con la natura.
L’azzurro lontano del mare,
visibile nelle giornate più terse, è spesso oscurato dalle bianche nubi che
scendono dai monti. Venti freddi, talvolta carichi di neve, sferzano le vallate
civitellesi. Le strade che portano, tornante dopo tornante, al paese, spesso
interrotte da frane, sono attraversate da animali selvatici. Specialmente la
notte, quando le poche luci artificiali di vecchie cascine isolate non riescono
ad oscurare la brillantezza delle stelle e della luna.
A difesa del territorio svetta,
da oltre mille anni, l’antica fortezza di Civitella del Tronto, detta la
“Fedelissima”, ultimo baluardo del regno del Sud all’invasione piemontese, arresasi
dopo oltre 200 giorni di assedio e addirittura dopo 3 giorni la dichiarazione
del Regno d’Italia (17 marzo 1861). Sotto la fortezza, nei secoli è cresciuto
il piccolo borgo: strade strette e lastricate di ciottoli, piccoli ma eleganti
palazzi, sparuti lampioni che, quasi timorosi, illuminano di giallo il
passaggio.
E’ fondamentalmente una la strada
di accesso a Civitella del Tronto: attraverso Porta Napoli (ad oriente),
l’unica delle tre porte urbane ancora integra (della Porta di Vena ad occidente
è rimasto il passaggio a volta, mentre è sparita la meridionale Porta delle
Vigne). E accanto alla porta Napoli, la Chiesa di San Lorenzo, che si apre su
Piazza Franciscus Filippi Pepe, da cui uno splendido belvedere regala una vista
mozzafiato sui monti e sulla valle sottostante. Meravigliosa immagine della
fortezza che sovrasta il paese e la Chiesa, esemplificazione urbanistica di una
societas tradizionale che poneva il
potere temporale come strumento di difesa della Chiesa.
Dalla piazza la strada si restringe
nuovamente, e attraversa per lungo tutto il borgo. Imboccata la via, dopo pochi
metri, sulla sinistra, la bianca
bandiera con lo stemma del Regno delle Due Sicilie indica ove si terrà (e si
tiene di consueto) il nostro incontro. È proprio lì, presso l’hotel Fortezza,
che infatti ci ritroveremo nuovamente il 7, 8 e 9 ottobre per il nostro
consueto convegno della Tradizione, quest’anno dedicato ai protagonisti della
Controrivoluzione. È lì che, grazie all’assistenza della Fraternità San Pio X e
dei sacerdoti presenti, celebreremo la S. Messa in rito antico, la Messa di
sempre e di tutti, come
la celebrava l’umile e coraggioso frate francescano padre Zilli da Campotosto, durante
l’assedio di Civitella, assistendo gli stremati difensori e portando loro il conforto
spirituale. Da lì partiremo il venerdì sera per la Via Crucis. Fiaccole alla
mano, nel silenzio del paese, interrotto solo dalle preghiere del Sacerdote e
dalle risposte dei fedeli (“Quia per
sanctam crucem tuam redemisti mundum”)
circumnavigheremo, rispettosi, il piccolo borgo di Civitella, transitando
davanti alla statua di Matteo Wade, l’eroico irlandese che resistette alle
truppe francesi guidate da Gioacchino Murat, e alla piccola Chiesa di San
Francesco.
Lì, nella giornata del sabato, si
svolgeranno le relazioni degli amici che, per semplice amore della Tradizione, da
ogni parte della penisola accorreranno per testimoniare, ancora una volta, che
la Tradizione è viva, che non è mera riproposizione del passato, ma linfa
vitale del futuro. Mangeremo tutti insieme, rideremo e all’unisono intoneremo i
canti dei briganti. Brinderemo alle battaglie passate e future, e mestamente
ricorderemo chi ha lasciato la vita terrena (quest’anno Piero Vassallo). Non
dimenticheremo neanche quei pochi, pavidi e opportunisti, che hanno tradito
Civitella e la Tradizione. Anche per loro, meschini come quegli ufficiali che
aprirono le porte della Fortezza agli invasori, eleveremo le nostre preghiere.
Da lì, la domenica mattina,
stendardi al vento, ci avvieremo recitando il Santo Rosario, ascendendo alla
rocca, ove innalzeremo, ancora una volta, la bandiera del glorioso Regno delle
Due Sicilie, simbolo di un’epoca, e di valori, che ancora vivono e rivivono nel
cuore e nelle preghiere di chi ha fatto proprio il motto “etsiam omnes, ego non”. Sosteremo nella chiesa di San Giacomo, nel
punto esatto ove ancora giacciono i resti dei difensori, molti dei quali
fucilati, ad assedio concluso, per alto tradimento verso un regno che non era
il loro. Visiteremo la fortezza, oggi in parte restaurata dopo che venne quasi
rasa al suolo dagli invasori piemontesi, su ordine del generale Manfredo Fanti,
quale damnatio memoriae di quella
epica resistenza.
Agli eroici difensori di
Civitella, ma anche a tutti i combattenti della Controrivoluzione, dai vandeani
francesi ai cristeros messicani, dai briganti del sud ai carlisti spagnoli,
dagli zuavi pontifici agli insorgenti antigiacobini, dedicheremo i “nostri” tre
giorni di Civitella, sicuri che la fiamma della Tradizione, se Iddio vorrà,
splenderà in eterno.
E ancora una volta potremo
gridare “Viva Francesco e Sofia! Viva la Tradizione! Viva Cristo Re!”.
Ascanio Ruschi
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