C’è
un Io lirico che attraversa tutte le opere di Pucci Cipriani, specchio
della sua stessa essenza di uomo che gli permette di vivere la vita con
l’entusiasmo del giovane, con la lucida cognizione del saggio e con la
perseveranza del forte.
Se
poi il lirismo di Pucci Cipriani è per sua natura inscindibilmente connesso
alla religiosità convinta del christifidelis, possiamo concludere che
tutta la vita del professor Pucci Cipriani è la testimonianza stessa dei valori
assoluti dell’autentico cattolicesimo romano.
Quest’ultimo
saggio (Pucci Cipriani, La Messa clandestina, “Mira il tuo popolo”,
Solfanelli 2022) - che l’Autore ci regala nell’imminenza di questo Santo
Natale, nella solennità dell’Incarnazione di Nostro Signore Gesù Cristo, che
cambiò il senso della storia dell’uomo - traluce dei valori assoluti vissuti da
Pucci e che egli ci trasmette con generosità, un insegnamento dal quale ciascuno
di noi potrà trarre la propria lezione ma di cui dobbiamo fin d’ora essergli
riconoscenti: una lezione di fede autentica vissuta sul luogo stesso del
Sacrificio, cioè sull’altare nella Santa Messa di sempre; una lezione di fede
assoluta nella missione salvifica della Santa Chiesa apostolica romana come
unica depositaria della Rivelazione; una lezione di fede cattolica nell’ordine
della creazione e quindi nella gerarchia «mensura,
numero et pondere»
(Sap. 11,20) di tutte le cose; una lezione di culto nel paschale sacramentum
della liturgia perché nel culto, e solo nel culto liturgico, il cattolicesimo
possiede e conserva integra la sua complessa unità. Nella teologia il
cattolicesimo possiede la sua dottrina, ma nel culto liturgico il cattolicesimo
possiede tutto se stesso.
Questo
di Pucci Cipriani è appunto un saggio liturgico. Non dico la lettura, che pure
è esaltante, ma la sua attenta comprensione e meditazione è già un’orazione di
lode e di ringraziamento al Signore.
Voglio
dire che con questo libro, Pucci Cipriani ci consegna un chiaro invito ad
adorare Nostro Signore in tutte le cose.
La
liturgia corre parallela al tempo, non a caso si parla di “tempi liturgici”, e
come dicono Giovanni Pallanti nella bella presentazione e Ascanio Ruschi nella
sua eloquente prefazione, il tempo, legato ai mesi e alle stagioni dell’anno, è
il grande protagonista di queste pagine. Purché si concepisca questo tempo come
tempo religioso, la vera chiave di volta per comprendere - e dare il senso
proprio che loro compete - alle memorie scelte dall’Autore per queste pagine.
Pucci
Cipriani ci introduce dolcemente nel mistero cristiano della vita quotidiana,
nel mistero cristiano che è soprattutto mistero liturgico che ammanta e ordina
tutte le cose, perché solo attraverso la liturgia - che la Tradizione ha
affidato alla Chiesa - possiamo veramente trovare la via della salvezza
indicataci dal Signore: Instaurare omnia in Christo.
In
queste pagine la mente umana abbraccia la vastità del piano di Dio e su questo
piano si dispiegano i ricordi e i valori assoluti di fedeltà e di amore alla
Chiesa che Pucci ci ha trasmesso in tutte le sue opere, soprattutto con la
testimonianza della sua vita. Qui i ricordi sono come i grani di un rosario che
l’Autore recita con la fede tranquilla di chi osserva le cose sotto il segno
della divina carità.
Borgo
San Lorenzo, l’amato borgo natìo. Quel giovane studente camerte, oggi
sacerdote, regala ai fedeli convenuti alla Villa “Gli Ochi”, quell’assaggio di
Paradiso – così lo chiama l’Autore, ed è vero – che è la Messa solenne in rito
romano antico. La delizia dei luoghi si incontra con l’Autore della Creazione
in un mirabile connubio di Grazia e di Natura.
Da
qui il titolo del saggio: una Messa per pochi, quasi catacombale, lontana dagli
edifici di culto ufficiali dai quali è purtroppo bandita da sessant’anni, da
quella disgraziata riforma liturgica che volle la protestantizzazione del rito a
fondamento della Chiesa. È nella Messa di sempre che la Chiesa trova e ha
sempre trovato la sua essenza identitaria.
Da
qui, l’occasione per parlare delle “Insorgenze” in terra di Mugello scoppiate
fra il 1796 e il 1799 contro le truppe francesi è ghiotta, e il professor
Cipriani non se la lascia scappare: quadri e scenari di una religiosità
campestre che si tradusse in difesa della propria confessione cattolica, a
monito per tutte le generazioni, soprattutto per quel piccolo resto delle
generazioni future, a cominciare da quelle attuali, che lo sapranno cogliere. Un
lavoro oltretutto meritorio, quello di Pucci Cipriani, ché altrimenti tante
memorie locali sarebbero cancellate dai libri di storia.
“Cacciati
i francesi – ma presto ritorneranno! – si fece festa nel Mugello e nella Val di
Sieve. La popolazione si riversò nelle chiese dove vene cantato il Te Deum
di ringraziamento e aretini e popolani della terra di Giotto e dell’Angelico
ringraziarono anche la Madonna del Conforto …”. Come si vede, non solo la
natura con le sue bellezze della Creazione, ma anche la storia si riconnette
alla liturgia, ed è logico: la venuta di Gesù Cristo segna la fine dei tempi e
tutte le cose, anche la storia, hanno origine e fine in Lui e a Lui vanno
ricondotte, perché Cristo è la vita del mondo e tutto il mondo e tutta la
storia vivono il mistero di Cristo come un mistero pasquale, cioè come un
“passaggio” dalla legge alla libertà, dalla morte alla vita, dalla terra al
cielo.
Semplicemente
commovente il resoconto della visita della Madonna di Fatima a Luco di Mugello,
le parole dell’Autore riescono a rendere perfettamente l’atmosfera di festa ma
anche di commozione che colpiva tutti quelli che ammiravano quella santa
immagine incoronata. Tutta la campagna, e poi le strade di Luco e la chiesa
festante risuonava di “Ave Maria!” e di inni alla Vergine Madre. La folla
faceva ressa per entrare dentro la chiesa e davanti ai confessionali sostavano
file di fedeli in attesa del proprio turno. Quale miracolo più grande poteva
fare Maria se non quello di spingere i suoi figli prediletti a chiedere perdono
e a riconquistare la perduta Grazia, segno della potenza rigenerante e
salvifica che la Chiesa elargisce ai suoi fedeli tramite i segni liturgici
della penitenza, della lode, del ringraziamento e dell’impetrazione.
Libro
prezioso, questo di Pucci Cipriani, per darne conto in qualche modo in una
recensione dovremmo soffermarci su ogni singolo capitolo, su ogni singola
pagina, sui rimandi letterari, di storia nazionale e locale, sulle curiosità,
che le annotazioni dell’Autore offrono abbondanza. Dalle campane del campanile
longobardo di Borgo san Lorenzo, all’importanza liturgica delle campane,
annunciatrici di gioie e dolori, di nascite e di morti: “Quanto più bello e
umano dunque non nascondere la morte, ma anzi annunziarla col suono delle
campane come fa quel mio caro amico, il parroco di San Donato in Poggio (…) che,
con il triste rintocco suono delle campane ripetuto più e più volte, durante il
giorno, quando scompare uno dei suoi parrocchiani, sembra far catechismo e
ricordare a tutti che, dopo la morte, che chiede silenzio e rispetto, le
campane suoneranno l’Alleluia nel giorno della Risurrezione del Signore”.
E
come non soffermarci poi sull’importanza delle rogazioni che un tempo si
svolgevano con processioni in mezzo ai campi il 25 aprile e nei tre giorni
precedenti l’Ascensione. Una preghiera semplice, spontanea, prevista e regolata
dalla Chiesa, un innesto di fede nella natura campestre, un connubio felice fra
liturgia cattolica e sensus fidei del popolo, anch’esse un modo naturalmente
sublime di Instaurare omnia in Christo.
Come
non ricordare poi, fra gli spunti offerti da questo libro straordinario di
Pucci Cipriani, l’illustre mugellano Tito Casini, non solo l’autore del celebre
saggio La Tunica stracciata, ma anche il fondatore – insieme ai “cattolici
belva” Domenico Giuliotti e Giovanni Papini – dell’altrettanto celeberrima
rivista Il Frontespizio.
Esattamente
come il professor Cipriani, anche il professor Tito Casini descrisse il mondo e
la vita rurale come baluardo della cultura cattolica nei confronti del laicismo
che avanzava. Esattamente come Pucci Cipriani, anche Tito Casini usò quella
lingua musicale e scintillante che forse i neonati mugellani acquisivano
succhiando il latte materno. Entrambi questi illustri figli del Mugello, con le
loro opere, hanno messo in luce qual è il male spirituale odierno, cioè quella
che Romano Amerio chiamava la “de-adorazione”: “Il problema dell’uomo è il
problema dell’adorazione e tutto il resto è fatto per portarvi luce e
sostanza”.
Esattamente
quello che Pucci Cipriani ha fatto in ogni pagina di questo splendido libro e
nella sua stessa vita, adorando Dio nella Messa cattolica di sempre egli ha
portato dentro l’adorazione anche tutto il resto del mondo. Con la riverenza,
il rispetto, il tremore e la tenerezza religiosa dell’autentico cattolico.
Giovanni
Tortelli
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