Non era la Grande Toscana dei Savonarola, dei "cattilici belva" come Giuliotti, Papini, Tozzi e Casini, e neppure quella "intellettuale" demestriana che aveva il suo punto di riferimento in Palazzo Capponi, con intellettuali come Attilio Mordini, Guido Adami-Lami, Adolfo Oxilia, padre Fortuna o quella "Teologica" dei padri Giantulli della S:J, del domenicano padre Centi o del francescano padre Raniero Sciamannini.
No, era la Piccola Toscana popolare di Borgo San Frediano, che si ricordava ancora, nei racconti che si tramandavano da padre in figlio, quando il Granduca, da una montagnola del Giardino granducale di Boboli guardava fumare i comignoli della città e, quando vedeva che da qualcuno non usciva il fumo, capiva che c'era una situazione di miseria o di malattia e mandava subito lì una carrozza per provvedere alla bisogna. Era la Toscana delle "Scale di Mezzaquaresima" attaccate alle spalle della gente, come un tempo il pesce d'aprile, la Toscana dei bei Cortei Granducali, delle processioni, delle fiorite, delle friggitorie con la polenta e i "coccoli", dei trippai e delle "piazzate", una Toscanina fatta di rimpianti e di sospiri per il buon tempo andato che, per interprete, ebbe un povero "poeta di strada", Mario Palazzi (anche lui "riscoperto" da Cucentrentoli) un "partigiano dei Lorena", uomo buono e gentile, che, nel 1859, scrisse una serie di liriche - oggi tornate d'attualità vista l'italica gentaglia che ci governa - che rimpiangevano i bei tempi che, insieme al Granduca, se n'erano andati:
Ai tempi dell'ottimo Granduca
si passeggiava con la Mazzettina
Or che l'Italia libera si è fatta
Ci vuol Spada, Pistola e Carabina.
Ma almen ci fosse un po' di sicurezza
Garantigie, pe' buoni cittadini
Un cazzo! molestati sempre siamo
come in un folto bosco d'Assassini.
Povera Firenze, tu l'hai avuta
Una scossa diciamo di Tremoto
Eri bella, ridente e popolata
Ora sei brutta, trista e disperata.
Era la Firenze del venditore ambulante Lachera che se ne andava in giro, con il suo cesto di panini allo zibibbo e di bomboloni e che, una bella mattina, dopo la "partenza" del Granduca, vide la sua bella Firenze tutta impavesata di tricolori, la bandiera dei "nuovi padroni", i despoti risorgimentali, e allora, invece dei panini e dei bomboloni, riempì la sua cesta di "cenci", i caratteristici dolci fiorentini fatti a rombo e fritti in padella, e poi percorrendo le strade del centro e guardando le facciate "tricolorate" urlava: "Donne c'è cenci! E ceeenci!"
E chi sa se ieri le campane della chiesa del Cestello avranno suonato quei mesti rintocchi "a morto", - or che anche le campane si son fatte "strumento della reazione" da quando, con il Concilio, insieme alla fede e alla morale, i preti hanno perso anche la "pietas" per i morti - per dare l'estremo saluto a Giorgio Cucentrentoli Conte di Monteloro, più volte cavaliere di diversi Ordini Dinastici, "pioniere" del motociclismo, scrittore acuto e versatile, e anche Rappresentante, per un ventennio, in Toscana, del Granduca Goffredo d'Asburgo-Lorena. Il Cucentrentoli, come narra nelle sue memorie: "Spigolature di Toscana" (Tipolito l'Artigiano, Firenze MDMLXXVI), un aureo libello, scritto con penna agile in un colorito e popolaresco toscano, nacque a Firenze novant'anni fa (nel 1928) nel fiorentinissimo quartiere di San Frediano in Firenze e lì ha vissuto, fino all'altro ieri, testimoniando la sua "fede" monarchica, cattolica e granducale... sempre con il pensiero e l'azione rivolti al "vivre doucement" nella pacifica Terra di "Canapone", il buon Granduca, "I' Babbo", che ogni anno veniva rievocato, per il suo genetliaco, con una "Bicchierata" tra amici, nella bottega di via Maggio del Parrini, acconciatore d'organi e artigiano "tuttofare" che, in quel suo sgabuzzolo, aveva ancora, con sotto il lumino a olio acceso, il busto marmoreo di Leopoldo II di Toscana, che, a sera, si recava da Palazzo Pitti in via Maggio a lavorare il legno con un grande grembiule di cuoio e le bretelle che venivano conservate ancora, come cimeli o reliquie, negli anni Settanta, quando fu chiusa la storica bottega "parrinea". Giorgio Cucentrentoli pubblicò anche due monumentali volumi pieni di interessantissime notizie e aneddoti proprio sugli ultimi Granduchi di Toscana e una ricca biografia di Eugenio Alberi che, poi, romanzò nel suo "Il Novalestro d'Ugnano". E intorno a lui, al Conte Giorgio Cucentrentoli di Monteloro, ruotava un mondo ancora attaccato alle vecchie tradizioni, alle "cose antiche" come diceva la gente, pieno di personaggi che sembravano usciti, or ora, dalla penna di Balzac se non addirittura da quella di Zola, a cominciare dall'orologiaio, fiorentinissimo, morto a cent'anni, con il negozio a tre passi dal Ponte Vecchio, come lo stesso Parrini, oppure il tabaccaio di Borgo San Frediano che, in quel rione comunista, atterrava, con un sonoro "cazzotto", coloro che avevano da ridire sullo Stemma Granducale che, orgogliosamente, teneva esposto in bottega, come il Segretario di "Giorgio di Monteloro", anche lui sanfredianino che, in età avanzata, dopo aver dato la sua vita al Granduca, si dedicò alla Sezione degli Alpini, come il famoso avvocato, il più grande collezionista di cimeli granducali, come tutta quella lunga teoria di persone, insignite della Croce Granducale della "Fedeltà - Lealtà - Onore e Merito" che, ogni anno, veniva assegnata ai "fedeli sudditi", dopo la S. Messa celebrata da don Boretti, nella chiesa di San Giuseppe, di fianco alla Basilica di Santa Croce, prima del pranzo "granducale" presso l'hotel "Cavour" e, dove, immancabilmente Giorgio Cucentrentoli, si prendeva un'arrabbiatura perché non riusciva mai a portare a termine il progetto dell'erezione di una semplice croce in marmo in quel della "Badiola", nel grossetano, come lo stesso Granduca aveva lasciato scritto nel testamento a suo figlio "Se avrai modo di passare ancora per le terre di mia amata Toscana, soffermati alla "Badiola" e poni una pietra ed una croce sola e siavi scritto: "Pregate per Leopoldo Granduca di Toscana".
Altri eressero, secondo i "desiderata" dell'ultimo Granduca di Toscana Leopoldo, la Croce alla Badiola; ma anche Giorgio Cucentrentoli volle lo stesso "piantare" quella sua Croce che tante arrabbiature e sudori gli era costata, e lo fece a Badia a Prataglia (Arezzo) nel 1990, nella chiesa parrocchiale dopo una Messa in suffragio di Leopoldo II e di Carlo Siemoni. E dopo la Messa il Conte Giorgio Cucentrentoli di Moteloro tenne il suo ultimo discorso:
"L'Antica Toscaia trasmette ancora degli echi, suscita dei rimpiati e delle nostalgie, a torto o a ragione, dei raffronti per il buon governo, l'esemplare amministrazione dello stato e quelle felici aure che si respiravano quando la vita dei singoli e delle moltitudini era più semplice e si gioiva per un buon bicchiere di vino o per una stratta di mano che quella volta valeva più di mille carte bollate... Era un mondo diverso, un mondo di fiaba e a dimensione di uomo..."
Da allora, come detto, Giorgio Cucentrentoli di Monteloro, si ritirò a vita privata, in una sua casa di campagna sulle colline di Pelago, insieme ai suoi libri, ai suoi cimeli e ai suoi numerosissimi gatti, non prima di averci fatto assaporare e rivivere - io ebbi il privilegio di partecipare a quella commuovente cerimonia in quella bella mattinata piena di sole del 26 marzo 1990, in mezzo a una folla entusiasta, ai bambini delle scuole che sventolavano, con le loro mani, la bandierina della nostra Toscana, alla presenza di un Principe Lorenese, del Conte Neri Capponi, Rappresentante del nuovo Granduca e di tante autorità civili, militari e religiose - ancora una volta i "bei tempi andati", come descrisse, nel suo appassionato "Diario" il Granduca "Canapone" dopo una sua visita a Pratovecchio tra i suoi amati sudditi:
"28 ottobre 1849. Pratovecchio bella festa amorosa. L'antica Toscana si riconosceva. Pratovecchio in festa. Illuminazione, bandiere, gente... giovani, arco e Funzione. "Viva Leopoldo II, la Real Famiglia" - La famiglia Siemoni veniente, le bambine con il mazzo di fiori, le donne al governare la casa. Gioia semplice e vera. Era mia Toscana, ci si riconosceva a vicenda. (Presenti) tutti i Gonfalonieri, i notabili. Il Casentin tutto rappresentato. Io appena venuto per star con loro. Toscana mia avevo ammaliata... Influenza di Siemoni, l'uomo. Tutti furon in armi. Casentino, sincero e compatto: la foresta loro a Toscana fortuna. Noi si era lavorato nell'Appennino e nella Maremma, non tutti hanno denti per morder nel duro."
(Cfr: "Il Governo di Famiglia in Toscana - Le memorie del granduca Leopoldo II di Lorena (1824-1859), a cura di Franz Posendorfer, Ed. Sansoni 1987)
Io non rivedevo il Conte di Monteloro dal 2000 quando, anche lui, venne a Borgo San Lorenzo, per rendere omaggio al Granduca Sigismondo d'Asburgo Lorena, che, dopo il mio invito, volle onorare la mia cittadina, Borgo San Lorenzo, con la sua presenza alla Premiazione della V Edizione del Premio Letterario "Tito Casini". E quante volte mi ero ripromesso di andarlo a trovare in via Sant'Agostino, in quell'ancor vivo e palpitante Quartiere di San Frediano che rivedo e rivivo tuttavia, nelle pagine del "mio" Vasco Pratolini... stasera reciterò per la tua anima, caro Giorgio, il S. Rosario certo che in Cielo, nella nostra Patria Celeste, avrai trovato la pace della cara "Toscana Felix"...
Pucci Cipriani
certo il riferimento al tricolore dei 'despoti risorgimentali' è un po'in contraddizione con la bandiera sabauda che campeggia nella foto in testa all'articolo dietro la figura di Cuncetrentoli di cui sarebbe interessante, per i lettori, conoscere meglio la biografia e la storia nobiliare familiare. Del cognome infatti non vi è traccia alcuna, almeno nei libri d'oro precedenti al 1989, a meno che non si tratti di una concessione successiva, anche se la cosa appare improbabile. Potreste dire in quale elenco ufficiale del Regno d'Italia o degli Stati preunitari o almeno in quale edizione del libro d'oro della nobiltà italiana è possibile trovarlo? vi ringrazio anticipatamente per le copiose informazioni che potrete fornire ai lettori del sito su una famiglia dal cognome dal suono così aristocratico anche se non altrettanto nota almeno al di fuori della cerchia dei conoscenti
RispondiEliminaOnore al conte prof Giorgio Cucentrentoli di Monteloro creato conte da Goffredo d'Asburgo sul campo piu' nobile di tanti nobilastri iscritti di qui e di là tradizionalista e monarchico conservatore e dirigente del Raggruppamento Cattolico Tradizional Monarchico autore di svariati libri storici sui Granduchi e il primo su Civitella del Tronto nonchè un libro di lettere degli ultimi Asburgo di Toscana edito da Thule di Palermo,autentico Cavaliere a cui i tradizionalisti veri dovrebbero far coniare una medaglia lui che come Maggiordomo Maggiore e Cancelliere ne diede a tanti molti immemori e saccenti.Ricordo che coorganizzo' anche a Firenze nel 1972 il primo congresso dei Tradizionalisti Italiani e fu candidato monarchico.Bravo Pucci Cipriani e chi non sa apprenda .Tommaso Romano
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