Venerdì
9, sabato 10, domenica 11 marzo 2018 XXXI INCONTRO DELLA TRADIZIONE CATTOLICA
presso la "FEDELISSIMA" CIVITELLA DEL TRONTO. Il Convegno inizierà
venerdì alle ore 18,30 con la celebrazione della S. Messa tradizionale e
proseguirà, dopo la cena, con la Via Crucis per le strade di Civitella. Il
sabato 10 marzo S. Messa ore 9:00 e ore 10:00 inizio dei lavori, con il canto
del SALVE REGINA, fino alle 13:30. Nel pomeriggio alle ore 15:00 prosecuzione
dei lavori fino alle 20:00. Canto del "CREDO". La domenica 11 marzo
alle ore 10:00 S. Messa solenne in rito romano antico, ore 11:00 partenza della
processione verso la Rocca della "Fedelissima", Alzabandiera con Inno
Borbonico - Visita alla Roccaforte.
La
mattina del 19 marzo 1861 Fra' Leonardo Zilli da Campotosto aveva portato, dopo
la celebrazione della S. Messa, l'Ostia consacrata, insieme alle parole di
conforto, ai soldati, sugli spalti della Roccaforte di Civitella del Tronto. E
anche in quel 19 marzo 1861 i fuochi della notte illuminavano la Valvibrata...
erano i "fuochi dei ribelli", come venivano chiamati dalla
soldataglia piemontese i sudditi del Regno del Sud che così, sfidando gli
ordini dell'esercito rivoluzionario schierato "a corona" in tutta la
Valle, facevano sapere ai difensori della Roccaforte Borbonica che non erano
soli e che i cuori della gente, di quella terra benedetta, battevano,
all'unisono, per loro che combattevano — spes contra spem — la loro ultima
battaglia per Iddio, la Patria e il Re, perché rifiutavano quella falsa libertà
portata dai liberali giacobini : "che quando te la vengono a imporre con
le baionette non è più essa"
Non
furono i bombardamenti indiscriminati, non fu la fame né la sete, non fu la
spossatezza a far cadere la Cittadella ma il tradimento di un Giuda, il
Colonnello Ascione, compro dall'oro massonico, che, nottetempo, aprì le porte
al nemico. Eppure erano stati respinti anche gli emissari di Re Francesco (Dio
guardi!) che dispensava quei fedelissimi dal continuare la Resistenza dopo la
resa di Gaeta, il 13 febbraio 1861 e quella di Messina, 12 marzo...ormai le
Cancellerie di tutta Europa guardano a Civitella del Tronto con stupore e
financo con ammirazione: infatti dopo la proclamazione della così detta
"Unità d'Italia", di fronte a un immenso esercito, su quella Fortezza
continua a sventolare la bianca bandiera borbonica con sopra i gigli dorati,
ricamati dalla stessa Regina Sofia che, "per vie segrete", era stata
fatta arrivare alla guarnigione. Per altri quaranta giorni, dopo la fine del
Regno con la capitolazione di Gaeta, la sparuta guarnigione civitellese aveva
tenuto testa a un intero esercito "imbestiato" da quella inaspettata
Resistenza, perché quei soldati sapevano bene che quello era il loro dovere di
servitori del Re e di uomini veri anche se la loro resistenza era "Senza
speranza".
Chiunque
avrebbe reso l'onore delle armi agli eroi di Civitella ma per loro era già
stata decretata la morte. Il Maggiore Finazzi, ha avuto ordini precisi da
quella "casta" di Generali "risorgimentali", ormai famigerati
che, in nome degli ideali di "libertà e fratellanza", avevano messo a
ferro e fuoco l'Aquilano, l'Ascolano e il Teramano... ancora eran fumanti le
macerie di Pizzoli e Carsòli. E negli occhi dei "cafoni", dei
montanari di quelle terre, della popolazione inerme, c'era ancora l'orrore dei
saccheggi, degli stupri, delle violenze dei "liberatori" che avevano
lasciato il segno a Casalduni e a Pontelandolfo, incendiando tutte le case con
i loro abitanti (donne, vecchi e bambini) perché colpevoli di essere genitori o
figli di "briganti" e coloro che fuggivano dal fuoco giacobino,
venivano atterrati dai "gloriosi" bersaglieri, appostati in
periferia, perché non vi fossero superstiti. Ma nessuno parla di queste
infamie, di questa tremenda "Guerra civile".
Strani
pudori quelli della storiografia "italica" che ricorda soltanto le
rappresaglie delle SS tedesche contro le povere e inermi popolazioni
italiane... ma si dimentica dei massacri dell'esercito piemontese
"liberatore", scordandosi delle teste, quelle dei così detti
"briganti" e dei loro familiari ("amici e manutengoli dei
"briganti!), issate sulle picche dei rivoluzionari invasori al soldo della
Massoneria inglese. Sì, come in Francia ai tempi della Rivoluzione. E, infatti,
il Risorgimento italiano fu, davvero, la Rivoluzione italiana.
A calci
e a colpi di moschetto i "capi" della Resistenza civitellese vennero
portati in paese : il Tenente Messinelli che, fino in fondo, era stato con i
suoi soldati, incoraggiandoli e confortandoli come fosse un fratello maggiore,
Zopito di Bonaventura, "O' Generale de Franceschiello", il
"brigante" che, lasciando la moglie e i figli, era venuto dentro le
mura della Fortezza per difendere la propria terra e combattere gl'invasori
giacobini e, infine, il francescano padre Leonardo Zilli da Campotosto,
l'eroico cappellano e combattente "lealista" lui stesso che, ogni
giorno, con la celebrazione della S. Messa, dava forza e motivazione ai soldati
del Re Francesco (Dio guardi!).
Di quali
colpe si erano macchiate queste persone se non di quella di aver
"trasgredito le leggi di guerra" con una "iniqua, prolungata
difesa"? Per loro che avevano scelto la "parte perdente" e la
fedeltà alla Monarchia e al loro Re c'è la sentenza di morte con fucilazioni
alla schiena come si usa con i traditori. : la sentenza di morte viene eseguita
dietro la chiesa di San Francesco, a Porta Napoli, dove, ancora sono visibili
sui muri i segni lasciati dalla fucileria piemontese. ll primo a cadere sotto
il piombo sabaudo massonico è il Tenente Messinelli mentre guarda, come
incantato, quella neve vergine che, sotto il sole tiepido della primavera,
imbianca il Gran Sasso... poi Zopito di Bonaventura che ha messo sulla sua
giubba la coccarda rossa borbonica. Il suo ultimo pensiero è per la famiglia,
per la moglie Giacomina :
"O
Giacomina vestita a lutto
o
Giacomina in cappellino"
E poi è
la volta di padre Leonardo Zilli da Campotosto. La sua fine ci vien raccontata
da un testimone oculare, Elisabetta De Gregoris in Marcellini:
"Il
plotone dei bersaglieri è con l'armi puntate. Padre Zilli da Campotosto si
asciuga la fronte con una pezzuola che poi ripone con cura nella tradizionale
manica del saio; guarda in alto come per cercare Dio. Ha chiesto al Maggiore
Finazzi una grazia, quella di poter essere seppellito nella sua chiesa.
"No"
replicò il Finazzi: "I briganti devono essere seppelliti sul luogo!"
Allo
sparo che rimbomba stranamente il frate cade in avanti e il cappuccio —
alzandosi — gli copre ora, in terra, tutta la testa.
"Christus
vincit! Christus ragnat! Christus imperat!" avevano cantato, la sera del
19 marzo, i difensori della "Fedelissima" nella chiesa di San Jacopo.
E quegli eroi si erano immolati "Per Iddio, la Patria, il Re" . O
Signore, Dio degli eserciti, accogli quei prodi tra le tue braccia.
* * *
Ahi
serva Italia, di dolore ostello,
nave
senza nocchiero in gran tempesta,
non
donna di province, ma bordello!
(Danta -
Purgatorio - Canto VI)
Siamo a
fine anni Sessanta (il Sessantotto) e son passati più di cent'anni dall'ultima
Resistenza di Civitella del Tronto, un eversivo vento infuria tremendamente su
l'Italia e in tutta Europa e non soltanto in Europa : quella che un tempo
veniva chiamata la "Civiltà Occidentale" sta scardinandosi, cadono,
ad una ad una, tutte le difese e le "città fortificate" messe a
guardia di questo patrimonio cristiano, si perdono i valori, non ci sono più
princìpi; a sera nelle città, cortei studenteschi - le scuole sono state
trasformate in bivacchi e le Università in postriboli dove si pratica il
"libero amore" - attraversano le strade al grido di "Camerata
basco nero/ il tuo posto è al cimitero" rivolti ai Crabinieri del
Battaglione Mobile e, rivolti alla polizia, il grido scandito "PS =
SS".
Contestano
tutto e tutti questi ragazzacci che diverranno assassini; per loro è
"Vietato vietare"....cominciano a far notizia (poi non la faranno
più) i primi morti tra i poliziotti,tra i carabinieri,tra i ragazzi di Destra.
Nelle Università c'è il "voto unico garantito", il "Todos
caballeros", e i professori (i pochi che si rifiutano di recitare questa
farsa) vengono sbattuti fuori dalla canaglia urlante...se qualcuno viaggia con
in tasca un giornale di Destra viene sprangato come vengono sprangati (Sergio
Ramelli docet) quegli studenti che hanno l'ardire di dichiararsi contrari alla
"contestazione globale"...arriva il divorzio, l'attacco frontale alla
famiglia, al quale seguiranno l'aborto,l'eutanasia, la droga libera (con la capziosa
differenziazione tra "droga leggera" e "droga
pesante"...quando si sa bene che ogni droga porta alla morte).Inizia
allora quel cambiamento antropologico dell'uomo che ha, oggi, il suo culmine
nei matrimoni contronatura e nel gender.
Questa
Rivoluzione sessantottarda arriva dopo la 1° Rivoluzione che è il
Potestantesimo, la seconda Rivoluzione che è la grande Rivooluzione francese, e
quelle nazionali come il così detto Risorgimento italiano, quindi la terza
Rivoluzione ovvero il Comunismo.Il Sessantotto è la Rivoluzione che durerà di
più ("Lotta continua" era il nome del Movimento a cui aderivano le
giovani canaglie della scuola), dunque la quarta Rivoluzione è quella peggiore
perché è "in interiore hominis", nei costumi, nelle tendenze.E' il
vecchio mondo che crolla : ma ci fu anche un altro Sessantotto, quello che il
rosso Cardinal Suenes definirà "Il nostro Sessantotto, il Concilio
Vaticano II"...e allora si vedranno sorgere le così dette Comunità di
Base, la ribellione dei preti ai loro vescovi e dei fedeli ai sacerdoti...in
molti casi le parrocchie e gli oratori (pensate che don Bosco voleva
"l'Oratorio" perché i giovani si facessero Santi") diventeranno
i "Covi" da cui partiranno i killer, i brigatisti rossi, giovani che
cercavano la "Rossa primavera" e che avevano imparato la lezione
dell'odio fin da ragazzi; dai robivecchi si trova di tutto: cotte, manipoli,
stole, pianete, candelabri, reliquiari, reliquie e rocchetti, carte glorie e
quadri...mentre viene estromesso il latino che era stata fino allora la lingua
universale della Chiesa (e si badi bene il latino viene tolto prima dalla
liturgia che dalle Scuole Statali), si afferma da molti pulpiti che "Dio e
morto" e si insegna la religione come "Lotta di classe", mentre
don Milani, il prete ribelle, il falso converso, proclamerà che
"L'obbedienza non è più una virtù ma la peggiore delle tentazioni!"
Quella
"Societas Cristiana" che, nonostante tutto, era sopravvissuta fino a
tutti gli Anni Cinquanta, scompare e regnerà, come ai tempi del Terrore in Francia,
il caos e...Satana camminerà in prima fila, davanti alle schiere della
Rivoluzione.
Noi
iniziammo nei Sessantotto la nostra "ultima battaglia" che ancora
stiamo combattendo, in questo triste momento di aspostasia. L'abbiamo
combattuta nelle scuole, negli uffici, nelle officine, nei posti di lavoro.
Qualche sacerdote l'ha combattuta, in solitudine, nella propria parrocchia,
additato come "reprobo".. Civitella allora rappresentò un simbolo :
il simbolo più bello della Resistenza ad oltranza dove ci siamo, ogni anno,
ritrovati e dove, tuttavia, ci ritroviamo per difendere i valori eterni della
Santa Tradizione.
E sugli
spalti di Civitella, di fronte al sacello dei caduti per il loro Re, prendemmo
l'impegno di uomini veri, quello di non mollare facendo nostro il motto che la
stessa Regina Sofia ricamò sulla bianca bandiera gigliata "Non mi
arrendo!". Nel 1989 iniziarono i nostri Convegni e nacque l'ANTI 89 e
tutti gli anni, sugli spalti della "Fedelissima" Civitella del
Tronto, gli uomini della Tradizione, i vecchi e i giovani, si ritrovano per
rinnovare il loro giuramento d'onore di fronte ai Martiri dove, ogni anno,
viene celebrata la Santa Messa nel rito romano antico, la Messa di sempre e di
tutti ( e anche questa è una grazia che abbiamo avuto grazie ai sacerdoti della
benemerita Fraternità San Pio X rimasti sempre fedeli alla Tradizione).
Anche
quest'anno, nel 2018, a cinquant'anni precisi dalla Rivoluzione del
Sessantotto, ci ritroveremo nella "Fedelissima Civitas" per dare
questa nostra testimonianza di amore e di fede, sicuri che, altri, un giorno
riceveranno il testimone, per tramandare a loro volta quello che noi abbiamo
saputo trasmettere "Tradidi quod et accepi"
Pucci
Cipriani